Recensione: Contra Omnes
“Contra Omnes” è il secondo album della giovanissima band ucraina Bestial Invasion (da non confondere con gli omonimi gruppi provenienti da Messico e Svizzera), quintetto di pazzi scalmanati nato nel 2014 e dedito ad un thrash metal tecnicissimo e isterico che, con la sua verve istrionica e l’alto tasso di follia, in più di un’occasione mi ha riportato alla mente i fasti di gruppi come Coroner, Cynic, Death e Atheist. Badate bene: quando parlo di riportare alla mente non mi riferisco a quel vago sentore di influenza giovanile che nasconde un certo (per quanto comprensibile, ovviamente) complesso d’inferiorità nei confronti del gruppo di riferimento, intendo proprio che la perizia esecutiva che pervade le composizioni di “Contra Omnes” risulta perfettamente in linea con quanto di meglio fatto dai gruppi anzidetti, tanto da piazzarsi direttamente sullo stesso livello di un “Unquestionable Presence”, giusto per dirne uno (sì, l’ho scritto davvero). Nessun senso di inferiorità latente, nessun momento in cui ci si nasconde dietro un dito: questi ragazzi sanno il fatto loro, e proprio per questo possono rielaborare la lezione dei loro numi tutelari senza dare l’idea di pavoneggiarsi come ragazzini arroganti, ma donandoci un album molto personale e mantenendo sempre fluida la scorrevolezza del loro lavoro. Preparatevi quindi a essere travolti da partiture violentissime ma tutt’altro che cacofoniche, in cui una velocità di esecuzione a tratti fulminante non impedisce ai nostri amici di screziare la propria musica con tutto ciò che gli viene in mente. Inutile cercare di etichettare ulteriormente la proposta dei Bestial Invasion: aspettatevi solo cambi di tempo a pioggia, un cantante che sembra Bruce Dickinson sotto anfetamina, una sezione ritmica funambolica ed elegantissima e un lavoro di chitarre che posso definire solo come scintillante. I nostri, sicuri dei propri mezzi e decisi a fare le cose per bene, si permettono il lusso di inglobare nella loro ricetta elementi e temi presi di peso da generi come jazz, fusion, musica etnica, metallo classico e chi più ne ha più ne metta (chi ha detto flamenco?), senza per questo appesantire o rendere indigesto o dispersivo il risultato finale. Se è infatti vero che i nostri prediligono, come già detto, un certo livello di violenza musicale, è altrettanto vero che l’equilibrio schizoide di cui sono permeate le composizioni rende “Contra Omnes” molto scorrevole e digeribilissimo, e la durata relativamente breve delle canzoni concede sì al quintetto il tempo sufficiente a mettere in mostra le proprie abilità ma li obbliga, diciamo così, a restare concentrati sull’obiettivo per non cedere terreno a una certa egocentrica presunzione e ai conseguenti (nonché piuttosto sterili) riempitivi appaga-ego.
La voce di Edith Piaf introduce “Inception”, dall’incipit quasi pinkfloydiano che poi si scaglia in un turbine di dissonanze e, da lì, nel magico mondo della follia musicale: riff concentrici e voci riverberate si rincorrono sopra un tappeto ritmico frastagliato ed apparentemente senza senso fatto di cambi d’umore continui, rallentamenti e accelerazioni funamboliche, schegge d’ira iconoclasta che si sovrappongono a fraseggi dal patetismo esasperato, con ogni individuo dell’ensemble che si ritaglia il suo spazio per poi rimpallare l’attenzione dell’ascoltatore ai suoi colleghi come nel tiqui taca del Barcellona dei tempi d’oro. E siamo solo alla prima traccia. “N.E.V.E.R.M.O.R.E” procede sulle stesse coordinate, inserendo nell’amalgama un’attenzione ritmica più pronunciata e il suono incombente delle tastiere che, di tanto in tanto, ammantano il brano di sinistre atmosfere tra un rallentamento quasi groove – su cui si innesta un brillante arpeggio dal sapore spagnoleggiante – e una sfuriata di chitarre ai limiti del death più tirato. “Prisoners of Miserable Fate” parte diretta, stemperando però quasi subito il suo incedere grazie a passaggi più melodici e tempi meno asfissianti, pur picchiando duro quando deve; ottimi gli assoli, che si risolvono in rapide rasoiate supportate da una sezione ritmica sempre precisa e puntuale che sale in cattedra nel finale per dispensare una mitragliata non indifferente. E si arriva a “Camera Obscura (Caravaggio Specular Version)”, che dopo una carica iniziale che sa quasi di death melodico torna a snocciolare succosi tecnicismi assortiti, in cui si passa con apparente indifferenza da fraseggi dall’epicità appena accennata a stacchi jazzati a sfuriate dall’intenso profumo neoclassico, in un vortice disorientante che si trascina fino alla fine della traccia e introduce il tranquillizzante intermezzo di basso “Enigma (Bass Etude)”, pausa ideale per smorzare la foga accumulata finora. Si torna alla carica con la successiva “Repudiating the Power”, dall’incipit inquieto che sfocia in una canzone intensa e insospettabilmente carica di pathos, in cui un trionfalismo sottile e battagliero si insinua lentamente tra le continue frustate chitarristiche, riverberando echi maideniani rielaborati ed incattiviti dagli ucraini. Un arpeggio languido introduce “Zodiac: Crime World Mystery”, sostituito poi dal solito gioco al massacro dei nostri che impreziosisce il mai abbastanza lodato tappeto ritmico con dilatazioni progressive, serpeggianti fraseggi dall’intenso sapore Shuldineriano e una prodigiosa accelerazione, carichissima di pathos, nell’ultima parte, che a sua volta sfuma nell’assolo finale. “Caligula: Salacious Age” parte maligna, scandita, inesorabile, sorretta da un arpeggio di fondo che grida malevolenza; l’irrobustimento dei riff e i continui cambi di tempo e di umore arrivano poco dopo, mentre Vakhtang Zadiev continua imperterrito a fare quello che vuole con la sua voce pulita, insegnando al resto del panorama thrash moderno come per suonare violenti non sia necessario imitare orsi con la raucedine o fare il verso a lavandini appena sturati. Chiude l’album (almeno la versione in mio possesso) una cover riveduta e corretta di “Thrash Attack” dei Destruction, in cui la verve dei tedeschi viene filtrata dalla maggiore predisposizione tecnica del quintetto ucraino.
Alla luce di quanto appena scritto, non posso fare a meno di giudicare “Contra Omnes” come un autentico fulmine a ciel sereno per il panorama thrash contemporaneo: i nostri ucraini hanno confezionato uno degli album più interessanti di quest’anno (sì, è vero: l’album in realtà è della fine dell’anno scorso, ma per qualche oscura ragione l’etichetta discografica ha iniziato piuttosto tardi a promuoverlo), in cui violenza ed eleganza si contendono la scena ballando sotto l’occhio vigile della follia. Ma ora basta parole: fatelo vostro, ascoltatelo ed ammiratelo per il gioiello che è.