Recensione: Corner of the Pain

Di Matteo Lavazza - 19 Maggio 2004 - 0:00
Corner of the Pain
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Anno: 2004
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68

Nati nel 1992 i Rude Forefathers arrivano con questo “Corner of the Pain” all’esordio, dopo i consueti cambi di line up che caratterizzano i gruppi agli inizi.
Il demo viene aperto da Firm Blood, molto buono il cupo riff iniziale, subito bissato da un accelerazione in perfetto Thrash style, decisamente buoni a i vari cambi di tempo a livello di songwriting, che però non sempre vengono suonati con la fluidità necessaria, anche la voce del singer Davide Ferlisi non mi ha particolarmente convinto, mi pare troppo forzata, non naturale, anche se Davide riesce comunque a dare una certa aggressività alla sua prestazione.
Si prosegue con “I am Nothing”, pezzo davvero strano e particolare, infatti su una base ritmica decisamente aggressiva si innesta un riff che mi ha riportato alla mente certe vecchie cose di Malmsteen, ovviamente a livello di sonorità non tecnico. La canzone riesce però a risultare decisamente piacevole, grazie all’alternarsi di parti più melodiche ad altre decisamente più cattive, forse la parte ritmica sotto all’assolo, carino ma niente di che, potevano essere studiate meglio.
“Depression” viene aperta da chitarre pulite intente a creare un atmosfera dolce e malinconica, prim che il brano parta come una sorta di power ballad piuttosto scontata, con la voce di Davide che sembra davvero non trovarsi a suo agio su una song dai toni piuttosto pacati. Anche la linea vocale non mi sembra il massimo, di sicuro si poteva trovare di meglio. Anche l’accelerazione a metà pezzo non mi ha convinto più di tanto, risultando a mio parere piuttosto scontata e banale.
La conclusiva “Slave”è un altro brano in cui i Rude Forefathers abbinano ritmiche piuttosto tirate ed un riff decisamente melodico nella parte iniziale del brano, caratteristica se meglio sviluppata nel futuro potrebbe essere l’arma vincente del gruppo.
La canzone prosegue poi su binari classicamente Metal, con discreti cambi di tempo che riescono comunque a risultare piuttosto avvincenti anche se forse non particolarmente originali.
I suoni tutto sommato non sono nemmeno tanto male per la media dei demo italiani, anche se il suono un po’ piatto delle chitarre toglie parecchio in quanto ad energia alle canzoni.
Tecnicamente, come già ho accennato in precedenza, il gruppo non è proprio perfetto, purtroppo in più di un occasione si nota qualche indecisione, soprattutto dei due chitarristi che sono ovviamente quelli più in evidenza, e anche il cantante non mi sembra sempre all’altezza, soprattutto per il fatto a cui accennavo sopra, cioè che non mi da l’idea di essere naturale mentre canta, personalmente ho l’impressione che abbia sforzato la voce per cercare di risultare più aggressivo.
Raramente capitano demo che mettano in mostra una band che ha delle idee, se non proprio originali, perlomeno particolari, i Rude Forefathers sono una di queste rarità, nelle quattro tracce presenti sono molte le buone idee che spuntano qua e la, peccato che a volte, forse a colpa di una certa inesperienza, peraltro assolutamente giustificabile, non siano riusciti ad assemblarle nel migliore dei modi, ma se i ragazzi del gruppo avranno la voglia e la costanza di lavorare duramente per correggere tutti i difetti che hanno al momento sono assolutamente certo che sentiremo parlare di loro in futuro.

per contatti: roberto.sironi3@tin.it

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