Recensione: Corryvreckan

Di Daniele D'Adamo - 18 Febbraio 2024 - 0:00
Corryvreckan
Etichetta: Prosthetic Records
Genere: Death 
Anno: 2024
Nazione:
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75

“Corryvreckan” è il secondo full-length del duo britannico Hand Of Kalliach, composto da Sophie Fraser e dal marito John Fraser, che giunge sugli scaffali dei negozi tre anni dopo il debutto avvenuto con “Samhainn”.

Il nome della band è preso in prestito dal mito di Cailleach, l’antico dio dell’inverno della mitologia celtica scozzese. La storia racconta che egli viva sul fondo di un enorme vortice, il Corryvreckan, che si trova tra alcune isole occidentali della Scozia.

Tornando ai Nostri, il genere è parimenti particolare come la formazione, in quanto trattasi di melodic death metal arricchito da una forte dose di elementi folcloristici. Non è la prima volta che ciò accade ma tali elementi sono proposti come evanescenti intarsi disegnati nei contorni dalla suadente voce di Sophie. À la Enja, per capire meglio il concetto.

John, al contrario, affronta le proprie linee vocali con molta aggressività grazie a un growling corrosivo retaggio delle forme più estreme del metallo della morte. Una cattiveria sonora che genera una gustosa antitesi con le arie morbide e vellutate della consorte.

Questo duro contrasto fra la potenza del death metal e l’intrinseca tristezza del folk celtico dà vita a uno stile unico nel suo genere, capace di coinvolgere l’ascoltatore a 360° per farlo innalzare per poi scivolare sulle fragorose onde frangenti dell’oceano. Una strada maestra che sale e scende, per poi salire e scendere di nuovo e così via, seguendo la successione dei tratti più veementi, ossimoro di quelli musicalmente più sensibili.

A tal proposito, dalle verdi pianure scozzesi si possono scorgere massicci rocciosi che si ergono sino a sfiorare le nuvole, metafore del poderoso riffing della chitarra di John, impegnata a macinare riff su riff a volte maestosi nella loro concezione, retti da una forza d’impatto deflagrante. La compressione del palm-muting unitamente a una forte dose di distorsione disegna tali riff come vere e proprie mazzate che si assorbono con piacevole fatica. Metal vero, insomma, senza compromessi. “Corryvreckan”, benché ricco di armonie soffici e visionarie, non è certo definibile come catchy, tantomeno idoneo a fungere da sottofondo musicale nei supermercati. Al contrario, nel suo insieme, per via della sua elevata energia d’impatto, il suo destino è quello di essere masticato dai fan del metal estremo.

Il che non è necessariamente un difetto, anzi. Come si può percepire a pelle, il disco rappresenta in modo diretto quali siano le idee artistiche del duo di Edinburgo. Senza fronzoli, senza voli pindarici ma in maniera decisa e diretta. Non preoccupandosi minimamente di chi sia il destinatario finale della loro opera.

Opera che presenta delle canzoni niente affatto male. Forso lo stile volto alla melanconia aiuta il songwriting, fatto sta che è sempre piacevole, lungo tutta la durata dell’LP, immergersi nel Mondo creato nell’etere dalla coppia scozzese. Anche nei brani più… death metal spuntano qua e là come funghi le vocalizzazioni femminili, per un’antitesi fuoco/acqua che, come per altri progetti, se eseguita bene si rivela sempre vincente.

Oltre a chitarra e basso, si odono inoltre strumenti della tradizione celtica (per esempio la cornamusa), forse un po’ troppo sottotono per via della furia degli elementi; mentre la drum-machine svolge il suo compito facendo rimpiangere un pizzico l’elemento umano. Difetti tutto sommato marginali data la bontà sia dello stile, sia delle singole composizioni. Fra le quali spiccano quelle più melodiche, quelle che mescolano assieme il growling maschile e la voce pulita femminile, come la stupenda, meravigliosa suite finale ‘Of Twilight and the Pyre’ che, con i suoi violini, rappresenta la summa di tutti gli ingredienti che costituiscono il concetto tecnico ma soprattutto artistico che è alla base del disco.

Forse manca ancora un pelo di non so che (una batteria vera?), per esplodere, ma gli Hand Of Kalliach ci sono andati vicini, con “Corryvreckan”. Un platter che merita di far parte della collezione di ogni appassionato di cose al di fuori del comune, in attesa del famigerato terzo capitolo della saga.

Daniele “dani66” D’Adamo

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