Recensione: Cosmic World Mother
Me li ricordo, un po’, gli …and Oceans. Sì, è vero, avere i … nel nome è una cosa che attira, quindi il nome lo si ricorda. Ad ogni modo. Ero ancora alle superiori, avevo 17 anni e loro avevano buttato fuori un disco che raccoglieva pareri contrastanti – e questo al tempo era un bene. Erano uno di quei gruppi di cui avrei voluto approfondire la conoscenza via internet prima di rischiare un acquisto – sai mai cosa poteva capitarti tra le mani… e 40.000 lire alle superiori non erano esattamente pochi soldi.
Ferma tutto… 40.000 lire? Sì avete letto bene, e qui rilancio: approfondire la conoscenza via internet stava a significare “appena ci arriva l’adsl”. Che non significa un contratto, significa proprio che al mio paese ancora non c’era la connessione veloce. Quindi col 56k o trovavi qualcosa di disponibile nella data ora giornaliera concessa per non sovraccaricare le bollette del telefono eccessivamente. Ne è passato di tempo eh?
Poi ovvio, l’Adsl è arrivato qualche anno dopo e con lui la scoperta ed il malo innamoramento verso tanti gruppi che prima erano inaccessibili sia per la connessione che per il di allora portafoglio (Borknagar? Solefald? Kampfar? Ulver? Arcturus? Vintersorg? E potremmo continuare malamente ma soprassediamo). Stando fermi alla band finnica – tutte le altre qui nominate vengono fra moder Norge – “Cypher” fu l’album che più di tutti si lasciò notare (e fu anche l’unico a uscire sotto la moneta unica). Anche quella con gli …and Oceans avrebbe potuto essere una bella storia d’amore. Facevano un bel black compatto ma con un occhio di riguardo al sinfonico ed alla melodia che tanto forte andava all’ora, sulla scia di una band che si chiamava Dimmu Borgir e che al tempo dominava il mondo. Sia la band che la proposta sonora.
Quello che è mancato per suggellare tale storia d’amore è stato proprio… un nuovo disco. Già, perché gli …and Oceans non fanno un album dal 2002, che è appunto il “Cypher” sopracitato. Dopodiché una compilation e due split – la cui notizia ovviamente mai giunse alla mia coscienza – e poi, dal 2007, il più desolato silenzio fino allo scorso anno. Rifondazione, ad opera dei due chitarristi e bassista originali, e l’arrivo di nuove tastiere, chitarra e voce.
Ed eccoci, con fra le mani “Cosmic world mother”. Senza mezzi termini un tuffo nel passato. Questo disco è un classico esempio di black metal sinfonico come si faceva una volta. Sostanzialmente si tratta di fare un misto tra “Enthrone darkness triumphant” e togliere alle tastiere molto della loro preponderanza, spostandola verso la sezione ritmica per ottenere un effetto vagamente Immortal prima maniera, ma molto più puliti.
11 brani compatti, tutti tra i tre e i cinque minuti, in cui a prevalere, in un primo momento, è la forza bruta. Col passar del tempo, pardon, degli ascolti, proprio come nel black di una volta, iniziano a farsi largo spiragli, aperture meravigliose di tastiera eterea (“As the After becomes Before”, “Apokatastasis”), riff comprensibili e quella melodia irresistibile che è sempre stata del black, sinfonico e non.
Ne viene fuori un disco che va sicuramente consigliato alla vecchia guardia, che magari ad oggi non ha molta personalità ma è davvero fatto bene. Un disco che spiega bene qual è la vera forza del black originale, ovvero il presentarsi come duro e cattivo ma nascondere in sé un gran gusto per la melodia che il suo derivato atmosferico ha esasperato. Basta sentire “Five of swords” per rendersene conto.
Detto questo, sebbene “Cosmic world mother” non sia un disco che non porta sconvolgimenti nel panorama estremo, è il gradito ritorno degli …and Oceans una band che, nonostante 18 anni di silenzio, è ancora in forma, ha parecchia ispirazione e voglia di fare e, soprattutto, rimane una spanna sopra a parecchie altre. Chissà come sarebbe andata senza la megapausa…