Recensione: Coup De Grace

Di Fabio Vellata - 27 Marzo 2010 - 0:00
Coup De Grace
Band: Treat
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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89

Quante volte in questi ultimi anni abbiamo parlato di come back eccellenti…quante volte ci siamo stupiti di come, alla resa dei conti, i vecchi eroi di un genere mai tramontato come il rock melodico, abbiano saputo mostrarsi ancora capaci di regalare una testimonianza di grandissima classe e superiorità, evidenziando i gradi d’appartenenza ad un novero ristretto di fuoriclasse che solo la storia travagliata di un mercato bizzoso ed incomprensibile ha costretto, in anni remoti, ad un immeritato confino nelle stanze dei ricordi.

Loro arrivavano da Stoccolma agli inizi degli sfolgoranti eighties, imbevuti da suoni che s’infatuavano di tocchi di classe, sventagliate chitarristiche hard rock e voli melodici ammantati da cristallina eleganza ed inusitata solarità. Un po’ all’ombra dei cugini Europe, un po’ figli di influenze derivanti d’oltre oceano, loro erano i Treat.

Una storia breve ma intensa, durata poco meno di un decennio, costellata da un nucleo d’album (quattro “più uno” li definiremmo, per demarcare la linea di confine tra lo stato di grazia e la repentina caduta) uno più bello dell’altro, e consacrata in via definitiva con la realizzazione nel 1989 di “Organized Crime”, pietra angolare di un genere come il rock scandinavo – punto di riferimento e picco assoluto in carriera – giunto a sigillo di un percorso in quei tempi alle soglie di un’improvvisa fase discendente.

Melodie scintillanti, ritornelli corali, suoni cromati ed orecchiabili, brani dall’hookline irresistibile. Un patrimonio compositivo di sommo livello, esempio e prototipo di miscela sonora divenuta per molte nuove leve spunto fondamentale cui ispirarsi. Un trademark unico tramutatosi in fonte e scuola per un gran numero di quelle che oggi annoveriamo tra le migliori realtà del rock di origine “nordica”. Heat, The Poodles, Wig Wam, Brother Firetribe: tutti, chi più, chi meno, recano all’interno del proprio songwriting un piccolo, inconfondibile germoglio derivato dai Treat, capiscuola di un settore oggi tra i più vitali e movimentati in termini di novità.
Uno stile riconoscibile e scolpito in un songbook fatto di classe ed eleganza, che a dispetto del trascorrere degli anni, in spregio dei trend passati e futuri, riecheggia ancor oggi nella propria scintillante unicità in una nuova release che in pochissimi avrebbero potuto immaginare tanto vincente. E che forse nessuno avrebbe mai ardito sperare addirittura vicina al capolavoro edito più di vent’anni fa, quell’ “Organized Crime” che, come detto, da sempre compare tra i migliori classici di un certo modo di suonare rock melodico.

Diciotto anni dall’ultimo studio album, omonimo e poco riconosciuto canto del cigno per un gruppo formidabile, come tanti, messo in naftalina causa calo di popolarità del genere d’appartenenza. Qualche indizio di ritorno in grande stile era in verità comparso silenzioso e premonitore nel corso del 2006, anno d’uscita dell’ottimo “best of” nel quale, due tracce nuove di pacca, ingolosivano i fan di vecchia data mettendo in luce un senso melodico ancora straordinario ed intatto come un tempo, speranza per un come back a sensazione in un periodo “storico” – a livello musicale – nuovamente propizio e favorevole.
Speranze non vane, in ragione di quanto ascoltato. “Coup De Grace” è, in effetti, tutto ciò che un fan dei Treat, e più in generale del rock scandinavo, potrebbe desiderare da un prodotto di categoria.
Spinto però, alla massima potenza.
Cori strappaorecchie, melodie spumeggianti e briose, suoni potenti e precisi ma soprattutto, canzoni straordinariamente buone, di quelle che si ficcano in testa al primo passaggio e non mollano per ore, producendo il classico effetto “eco” nella memoria, pronto a manifestarsi d’improvviso in qualsiasi momento della giornata.

Robert Enrlund e Anders Wikstrom, leader indiscussi della band, sono ritornati sulle scene con un intento preciso, esternato in una dichiarazione univoca e priva di possibili fraintendimenti:

“quest’album è ciò che abbiamo sempre avuto in mente sin dall’inizio della nostra carriera. Ci sono voluti trent’anni, altri cinque ellepi e migliaia di chilometri percorsi, ma ora è pronto. È il disco che saremo orgogliosi di presentare come nostra definitiva testimonianza ai nostri nipoti ed alle generazioni future”.

Passare nel lettore più volte alcuni brani strappati a caso dalla tracklist, non fa che confermare l’iniziale sensazione di un successo privo di punti deboli: “We Own The Night”, “Skies Of Mongolia”, “No Way Without You”, “Roar” e la ballatona “A Life To Die For”, sono già classici nella discografia del gruppo scandinavo, alfieri di un disco rilucente come un prezioso gioiello, omogeneo nel valore tanto quanto inatteso a questi livelli assoluti.
Zero filler, zero punti deboli, zero momenti di stanca: un nucleo compatto d’eccellenze assortite che vanno da un songwriting ispiratissimo, ad una produzione moderna, via via, sino all’irragionevole bravura dei musicisti, perfetti ed incontestabili in ogni centesimo di secondo d’ogni singola traccia.

“Coup De Grace” rischia seriamente insomma, di essere uno dei rari casi in cui il farsi prendere la mano, ed attribuire valutazioni faraoniche, diviene dettaglio fine a se stesso.

Ancora troppo presto per definirlo già il disco dell’anno nel settore? Può darsi, ma riuscire a far di meglio, sarà impresa davvero ardua per chiunque…

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Tracklist:

01. Prelude – Coup de Grace 2:27
02. The War Is Over 3:57
03. All In 4:11
04. Paper Tiger 4:27
05. Roar 4:27
06. A Life To Die For 4:21
07. Tangled Up 4:07
08. Skies of Mongolia 3:52
09. Heaven Can Wait 3:29
10. I’m Not Runnin’ 3:26
11. No Way Without You 4:09
12. We Own The Night 4:34
13. All For Love 3:50
14. Breathless 4:22

Line Up:

Robert Ernlund –Voce
Anders Wickstrom – Chitarra / Cori
Jamie Borger – Batteria
Nalle Pahlsson – Basso
Patrick Appelgren – Tastiere / Cori
 

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