Recensione: Cov3r To Cov3r
Il periodo di forzato lockdown ha portato diversi musicisti a dedicarsi alla registrazione in studio in modo sistematico. Mike Portnoy, oltre a improvvisarsi one man band a casa sua, aver dato vita ai BPMD e aver collaborato con il nuovo capitolo del Vivaldi Metal Project, non ha mancato di rispondere all’appello del sodale di lunga data Neal Morse (a breve in uscita con l’album Sola gratia) per continuare il progetto di cover band insieme all’immancabile Randy Geroge al basso.
L’ex Spock’s Beard, vista la sua prolificità, ha voluto produrre quest’album per togliersi un altro sfizio e in seconda battuta per avvicinare il pubblico più giovane a classici ormai con diversi decenni di veneranda età. Co3er to Co3er è dunque il terzo capitolo della saga iniziata dal magic trio nel 2006 e votata al revival più schietto di brani dei Seventies.
Si parte con la tanto attesa e sontuosa “No Opportunity Necessary, No Experience Needed”, opener di Time and a word, secondo album degli Yes ancora senza Steve Howe in formazione. A dire il vero questa è forse la cover meno riuscita in tracklist, vuoi per la resa troppo spigolosa del guitarwork, vuoi per l’eccessiva disinvoltura con cui si è rivisitato il pezzo dei giganti del prog settantiano (la presenza come special guest di Jon Davison, attuale singer del gruppo, non basta per restare fedele al dettato del 1970). Scelta ottima, comunque, per un pezzo d’apertura, ma andava curato di più l’arrangiamento. Si continua con altre due perle, “Hymn 43”, dall’intramontabile Aqualung di Jethro Tull, e la splendida versione di “Life on Mars”: questa volta ci siamo, Neal Morse nei panni di David Bowie è divino e istrionico come sa essere ormai da 25 anni a questa parte, ascoltare per credere.
Si continua con “Baker Street”, pop song di Gerald Rafferty e storica hit dal record di vendite con le sue parti di sax. Nel disco c’è spazio anche per un tributo divertito a Ringo Starr con “It Don’t Come Easy”, cover che vede intenti al microfono non solo Mike ma anche la figlia Melody Portnoy (ormai le nuove generazioni incalzano!).
Nella seconda parte dell’album va segnalata la strumentale dei King Crimson “One More Red Nightmare” (Portnoy aveva già coverizzato con i Dream Theater “Larks’ Tongues in Aspic” e, inutile dirlo, il dettato di Fripp è presente anche nella musica dei Transatlantic), due pezzi ottantiani degli Squeeze (scelta opinabile?) e, in chiusura, un brano di Lenny Kravitz. Scelta sagace, d’altra parte, l’inclusione di Tom Petty e Badfinger.
Considerata la scaletta proposta, l’artwork non privo di attrattive nel suo simbolismo per giustapposizioni da museo contemporaneo, Cov3r To Cov3r è un album che merita un voto discreto per il tributo alla musica che rappresenta. Pensando a un eventuale quarto capitolo dell’avventura di Morse/Portnoy/George difficile dire quali altre sorprese ci aspettano, la cultura musicale dei tre alfieri del prog. sembra sconfinata…