Recensione: Crash & Burn
Gli anni ottanta.
Questa decade venerata, citata ad ogni piè sospinto quando si parla di un certo modo di far musica, per qualcuno addirittura leggendaria ed irripetibile.
Una fonte sconfinata di buone idee, sensazioni, grandi gruppi ed eccellente musica che non smette d’affascinare ed influenza musicisti d’ogni età ed estrazione, sicuri che, attingendo dagli stilemi di un periodo tanto positivo e ricco, ben limitate saranno le possibilità d’errore.
Matt Sinner da quell’epoca ci arriva, c’è nato artisticamente e, a quanto si direbbe, deve aver avuto ben stampata in testa quest’idea nella stesura del nuovo album “Crash And Burn”, un disco che, sin da titolo e copertina, lascia intravedere una linea d’azione che ormai ben poco ha a che spartire con il power marchiato a fuoco degli ultimi tempi e si avvicina, in modo pressoché definitivo, ai sussulti ottantiani degli esordi.
Hard rock di scuola tedesca venato di classico hard n’heavy, colate massicce di melodia e ritornelli il più delle volte canticchiabili e di facilissima assimilazione.
Tra riferimenti ai Thin Lizzy (Matt non ha mai fatto mistero di esserne un fan scatenato), ai Bonfire e persino ai Whitesnake (difficile riconoscere qualcosa del riff di “Children Of The Night” piazzato in bella mostra, proprio in apertura di cd?) spunti al limite del surf rock ed inserti melodici che completano una metamorfosi già abbozzata con il precedente “Mask Of Sanity”, il nuovo platter dei quattro compari teutonici ha tuttavia un pregio, per certi versi fuori dal comune. Quello di non apparire snaturato o fine a se stesso, rimanendo comunque sempre vicino ad un’identità che, pur se un po’ modificata, non risulta, in alcun modo, tradita o irriconoscibile.
Altro dato di fatto, “Crash And Burn” non si propone assolutamente come un capolavoro d’inestimabile fattura. Canzoni nella media e di piacevole ascolto, chitarre in primo piano con produzione pulita e ben poche elucubrazioni o sottigliezze. Qualcosa di gradevole e disimpegnato insomma, veloce e scattante, ma poco propenso a sottolineare attimi di particolare enfasi emotiva, in un complesso che accompagna senza colpo ferire in tutta la propria durata, ma non regala momenti di grandissimo stupore.
I pezzi buoni, ad ogni modo, ci sono. L’iniziale “Crash & Burn”, la solida “Revolution”, la classica “Fist To Face” e la divertentissima e solare “Little Head” garantiscono, infatti, il giusto apporto di energia mista a melodie orecchiabili, suscitando impressioni davvero positive e prestandosi a ripetuti ascolti.
Medesimo discorso per la ThinLizziana “Connection” e l’edulcorata ballad “Until It Hurts”, esempi accessori della bontà di un album che non sconvolge e rivoluziona ma, alla resa dei conti, non spiace affatto e si lascia ascoltare con buona soddisfazione.
Lasciata la magniloquenza ed esuberanza power ai soli Primal Fear, Matt Sinner ritorna dunque a spolverare un sound datato e vecchio stile che piacerà più ai fan del classico hard rock che ai seguaci dell’heavy tradizionale.
Qualcuno storcerà il naso e si dirà poco convinto, ma in molti non potranno negare a “Crash & Burn” un fascino semplice e schietto, memore di tutto quanto Sinner e compagni, hanno saputo realizzare in diciannove capitoli incisi sino ad oggi.
Cambio d’etichetta, cambio di rotta ma sempre buona musica. Niente male per un artista in circolazione dal lontano 1982!
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Tracklist:
01. Crash & Burn
02. Break The Silence
03. The Dog
04. Heart Of Darkness
05. Revolution
06. Unbreakable
07. Fist To Face
08. Until It Hurts
09. Little Head
10. Connection
11. Like A Rock
Line Up:
Matt Sinner – Voce / Basso
Christof Leim – Chitarra
Henny Wolter – Chitarra
Klaus Sperling – Batteria