Recensione: Crazy World
Nella sua carriera ogni grande gruppo ha avuto una canzone che, volenti o nolenti, ha permesso l’identificazione del gruppo, da parte dei profani, con la canzone stessa, e che ha permesso dunque l’ascesa verso una fama universale, che supera i confini degli addetti ai lavori e dei fans del genere. Non è quasi mai un fenomeno giusto, però c’è, ed ecco dunque che per milioni di persone i Led Zeppelin sono “Stairway to Heaven”, I Deep Purple sono “Smoke on the Water” e gli Ac/Dc sono “Back in Black”. A questa legge non sono potuti sfuggire nemmeno gli Scorpions, che per la maggior parte delle persone rimarranno legati a “Wind of Change”, uscito come singolo in un periodo storico importante, e successivamente sull’album del 1990 “Crazy World”. Né il nome del disco, né tantomeno il titolo di questa song dal successo mondiale sono stati scelti dalla band a caso. Infatti, durante tutta la loro carriera, ma soprattutto nel secondo lustro degli anni 80, gli Scorps hanno dimostrato quanto fossero interessati e legati alle vicende storico politiche che coinvolgevano la vecchia Europa e il mondo intero, prima, sfruttando il fattore Perestroika, con numerosi concerti al di là della cortina di ferro, in seguito con la canzone già nominata che divenne il simbolo musicale della caduta del muro di Berlino e del regime comunista dei paesi dell’est. Ma questa è un’altra storia, quindi concentriamoci sul disco (il primo sotto la Mercury Records dopo anni di sottocase della EMI, il primo senza lo storico produttore Dieter Dierks e l’ultimo col fedelissimo bassista, presente in band dal 1973, Francis Buchholz), e cerchiamo di analizzarlo. Dico subito che in assoluto Crazy World non è assolutamente un capolavoro, i tempi di “Blackout”, “Lovedrive” e “Love at First Sting”, distanti nel tempo solo una decina d’anni, sembrano lontani secoli. E’ comunque un disco discreto o poco più, perché comunque se non fossero stati gli Scorpions a comporlo, ma una band qualunque, avrebbe avuto ben altri giudizi. Però il nome Scorpions è presente, e con i se e con i ma non si fa la storia. Discreto album quindi in assoluto, che vede l’evoluzione in maniera accentuata dello stile musicale già presente sul buon “Savage Amusement”. Quindi abbiamo sempre Hard Rock, ma molto molto più orecchiabile e commerciale rispetto a quello dei precedenti prodotti. Le canzoni presenti in Crazy World sono 11 e, salvo qualche gemma, si assomigliano abbastanza fra di loro nel sound, decisamente più moderno, soft e anche piatto rispetto a quello dei dischi storici del combo di Hannover (e qui la mancanza di Dierks si fa sentire), e anche nei componimenti stessi. In sostanza, le canzoni prese una alla volta possono anche piacere, ma già sentirsene 3 o 4 di fila risulta piuttosto stancante a chi è abituato a ben altro tipo di sonorità. C’è però da dire che sembra che la band abbia previsto questa reazione, infatti mette nei punti nevralgici del platter tutte le sue migliori tracce, che danno veramente una sferzata di classe, energia e sentimento alle orecchie. Un altro punto positivo è l’esecuzione dei pezzi, ineccepibile (senza nessuna sbavatura, in fondo se uno sa suonare, sa suonare; Mathias Jabs sugli scudi con la sua lead guitar), e la voce di Klaus, seppur registrata allo stesso modo della musica (e quindi più debole rispetto al solito), riesce sempre ad emozionare. L’ultima nota di merito va alle backing vocals, come sempre pronte a svolgere al meglio il loro compito.
Crazy World si apre con la sufficiente “Tease Me, Please Me”, traccia per me davvero da dividere in due, con delle strofe che mi piacciono molto, cariche di elettricità, ma col ritornello e il tratto che lo precede pessimi, che ridimensiono decisamente una potenzialmente buonissima song. Le altre caratteristiche di Tease Me, Please sono una intro che fa molta attesa e che si evolve in una ottima lead guitar e in un buon Rarebell a picchiare sulle pelli. Forse un attimo troppo lunga. Più o meno simile il discorso per “Don’t Believe Her”, che però è leggermente più lenta e molto più lineare nella qualità. Infatti le strofe sono sufficenti, anche se non al livello della precedente track, e il refrain, sebbene sia tutt’altro che clamoroso, è carino e ascoltabile, commerciale e “filastroccoso” ma ascoltabile. Decisamente meglio delle prime due canzoni è l’attacco di “To be with you in Heaven”, mid tempo che avrebbe potuto fare da colonna sonora in qualche film in stile “Top Gun” e simili. La chitarra ritmica svolge un gran bel lavoro e la song se non altro è più originale delle prime due, sebbene il refrain dia una sensazione di sentito che è tutta li da sentire (e scusate il gioco di parole). Eccoci quindi alla canzone più famosa di sempre targata Scorpions, quella che in parte sancì la loro immortalità e dall’altra, forse, la loro fine come gruppo rock. Sto parlando naturalmente di “Wind of Change”, della quale ho speso tante parole ad inizio recensione, e che sicuramente quasi tutti avrete sentito. Non dico nient’altro dunque, se non che è davvero magica (Meine superbo al cantato, leggere il testo per capire ancora una volta il risvolto politico della song), qualunque conseguenza abbia portato con sè. Un brusco ritorno a sound pesanti, più duri dei precedenti (e che ricordano abbastanza il successivo “Face the Heat”) con l’avvento di “Restless Nights”, ove la band nomina e ricorda tutte le piazze più calde dove si è esibita (Mosca, Tokyo, Rio eccetera). Peccato che non sia pesante solo il sound, ma tutta la canzone, a mio avviso pensata decisamente male salvo il decente l’assolo e l’introduzione strumentale alle varie strofe, le quali salvano ma solo parzialmente quello che per me il peggior brano sentito finora in Crazy World. Molto “Savageamusementiana” è invece “Lust or Love”, che Wind of Change a parte, mi pare la traccia non dico più bella, ma più coinvolgente sentita finora. Il mid tempo, tendente al veloce, esalta infatti le due chitarre che, forti di un sound un po’ più potente del solito, formano delle interessanti trame. Da sottolineare ancora una volta Rudy Shenker e Herman Rarebell oltre a Jabs, in questo disco di suo miglior suonatore del quartetto strumentale. Dopo la sferzata d’aria fresca di “Lust or Love” arriva la velocissima “Kicks After Six”, osannata da molti, ma secondo me tutto tranne che song da esaltare. Infatti, nonostante la velocità, trovo Kicks estramamente piatta e anche scontata, quindi bocciata senza pietà. Discorso diverso da fare per “Hit Beetween the Eyes”, che non è seconda in velocità alla precedente, ma se non altro è discretamente più varia, con un buon lavoro dei 5 musicisti. Molto buono l’assolo (uno dei più pirotecnici del disco) e carino anche il ritornello, che senonaltro fa vedere un Klaus cantare su tonalità decisamente non convenzionali con una pulizia spaventosa della voce. Molto strana “Money and Fame”, lento che assembla una voce dolce e suadente a un riff di chitarra ritmica tra i più granitici del lotto. Per il resto nulla da segnalare, a parte il ritornello fa molta “attesa” e non è male, l’insufficenza delle strofe e una struttura che ricorda abbastanza “China White” e “Animal Magnetism”, ma con risultati ben meno pretenziosi. Penultima traccia di Crazy World è la buona, questa sì, titletrack (anche qui il titolo è assolutamente non casuale ed esule agli avvenimenti di quegli anni), canzone estremamente ottantiana, con un riff solido ma non scontato, una voce cattiva e una ritmica decisamente azzeccata. Originale anche il refrain, con un coretto a scendere di tonalità. La chiusura, fortunatamente, è affidata a quella che secondo me è nettamente la miglior track di tutto il platter, anche meglio di Wind of Change come emozioni suscitate. Sto parlando della dolcissima e triste “Send me an Angel”, canzone che esalta un singer in stato di grazia come in tutte le sue altre ballad (nel secondo ritornello è quasi da pelle d’oca), canzone che da sola vale un pugno di voti di questo prodotto. Voto che come detto rasenta il discreto, ma che non è credibile al 100%, perché raggiunto grazie a quelle due tre tracce di livello superiore, che davvero trainano un album che altrimenti difficilmente andava oltre la sufficienza (sufficienza OGGETTIVA, perché soggettivamente, conoscendo gli Scorpions, non sarebbe andato oltre il 50). Che dire, e lo dico da fan : forse è meglio reperire quelle song e lasciar perdere Crazy World, un segnale di declino di una band che avrà un piccolo boom col successivo “Face the Heat” per poi cadere pian piano nel buio.
Riccardo “Abbadon” Mezzera
Tracklist :
1) Tease me, please me
2) Don’t Believe Her
3) To be with you in heaven
4) Wind of Change
5) Restless Nights
6) Lust or Love
7) Kicks after Six
8) Hit Beetween the Eyes
9) Money and Fame
10) Crazy World
11) Send me an Angel
p.s : se proprio siete drogati delle ballad, aggiungete 6/7 punti al voto.