Recensione: Critical Mass

Di Onirica - 12 Novembre 2002 - 0:00
Critical Mass
Band: Threshold
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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80

Il retro della custodia dice File Under Progressive Metal. In realtà il gruppo inglese dimostra da quattordici anni di aver lasciato delle tracce ben più complesse sul suo cammino, a partire dalle più indimenticabili ispirazioni di fine millennio che nel caso dei Threshold potrebbero essere sintetizzate in Pink Floyd, Metallica e Dream Theater, fino alle novità post two thousand. Non aspettativi un disco tipicamente progressive perchè resterete delusi. La componente prog è di certo quella dominante, ma non si può negare un lavoro di corde eseguito in perfetto stile trash, con una tastiera che piuttosto di inseguire la fuga delle chitarre, preferisce alleggerire la sonorità complessiva con strutture ariose e leggere, senza rifiutare la corsa nei momenti più graditi dal sottoscritto. La band, nata nel lontano inverno del 1988 a Surrey, si presenta con una line-up definita dopo una lunga serie di cambia/scambia che rispetto al principio trova inalterati solo gli elementi alle chitarre e al basso. Alla formazione degli anni 80 seguirà l’aggiunta di un tastierista, il primo cantante diventerà bassista, mentre la posizione drums e vocals verrà ripetutamente modificata.   

Mac vocals
Karl Groom guitar
Nick Midson guitar
Jon Jeary bass
Richard West keyboards
Johanne James drums

Ottimo il lavoro del cantante, non provvisto di tonalità altissime per fortuna, ma piuttosto forte di un timbro accattivante e delicato nei momenti opportuni. Tuttavia non vedo proprio di buon’occhio il frequente ricorrere ad effetti distorsivi per la voce soprattutto in prossimità dei vari chorus, chorus che non esitano forse ad essere fin troppo dolciastri ed in qualche caso quasi epici. In effetti la struttura delle otto tracce a poco a che fare con i percorsi perversi di stampo progressivo, troviamo la classica strofa/ritornello e la variazione strumentale che considero l’unico vero punto di forza di questo gruppo, come accade ad esempio in Choices: la musica si ferma e seguono due assoli, il primo di chitarra e il secondo di tastiera, inframezzati dalla secondi più progressivi dell’intero album dove basso e batteria saltellano sulle corde di due chitarre indispettite da tale presa di coraggio. Strepitoso. La quinta posizione è occupata da un altro valido risultato chiamato Echoes Of Life, dove questi sei inglesi affiancano ad uno dei ritornelli più accettabili istantanei silenzi ed improvvise riprese di pianoforte, testardo nel compiere le stesse note prima di essere raggiunto dalla batteria di Johanne James. A seguire, la conferma di quanto appena sottolineato, il brano si abbandona a due minuti di entusiasmante composizione strumentale per poi ritornare al motivo principale dopo un lunghissimo assolo di chitarra.

Pessima a mio parere la penultima Avalon, dalle parole alla musica, la pecora nera di un disco che in frequenti indizi di ingenuità ripone ogni difetto mentre conserva nella sua produzione il piatto forte: ottimo il rendimento complessivo dei suoni registrati, spesso simili o quasi identici a quelli scelti dai Darkseed nella loro ultima release.   

La conclusiva Critical Mass è divisa in tre parti per una durata totale che supera i 13 minuti. Senza alcun dubbio il brano più completo, attinge ai Fates Warning di Parallels nei primi minuti mentre nel crescendo di una manciata di accordi non può che riportarmi ai Pink Floyd di Animals nella terza ed ultima parte. Come si può dedurre dalle precedenti tracce, le capacità soliste sono incantevoli anche se spesso sembrano spezzettare il corso dell’esecuzione a scapito del lavoro di gruppo: in particolare, mi sembra mancare una maggiore presenza della batteria a legare la voce di chitarra/tastiera/basso, rari gli inseguimenti e le accelerazioni, in generale l’iniziativa di una rivincita sull’individualismo degli altri strumenti. Paradossalmente questo non accade nella traccia rappresentativa dell’album, dove le drums si rivelano autrici di uno spumeggiante esordio insieme alle tastiere di Richard West.

Un genio artistico potenzialmente corrispondente ad una recensione da 100 dimostra che nonostante questo gruppo abbia avuto diversi anni a disposizione per mettere in regola tutte le sue carte, ci sia ancora molto a cui pensare e molte sbavature da ritoccare. Sarò severo nel voto perchè i grandi pregi del disco fanno quasi fatica a compensare i difetti, nessun commento particolare, solo la speranza di poter ascoltare (magari tra un paio di anni) il definitivo successo a livello mondiale di un gruppo che con 6 album ufficiali in meno di nove anni merita veramente di scalare qualche posizione in classifica.

Andrea’Onirica’Perdichizzi

TrackList:

1. Phenomenon
2. Choices
3. Falling Away
4. Fragmentation
5. Echoes Of Life
6. Round And Round
7. Avalon
8. Critical Mass

 

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