Recensione: Cromagia

Di Alessandro Calvi - 12 Novembre 2014 - 9:30
Cromagia
Etichetta:
Genere: Avantgarde 
Anno: 2014
Nazione:
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78

A cinque anni di distanza dal precedente “Teatroelementale”, esce finalmente la nuova creatura degli In Tormentata Quiete. Il gruppo non ha bisogno di presentazioni: gli album sfornati fino a questo momento raccontando una storia fatta di qualità, sperimentazione, originalità e personalità. Non temiamo di esser smentiti, infatti, nell’affermare che gli In Tormentata Quiete son tra i gruppi più interessanti della penisola, capaci di ritagliarsi il loro degno spazio anche sulla scena europea. Dunque è con un po’ di trepidazione che anche il sottoscritto attendeva ardentemente questo CD, nella speranza che la band fosse stata capace di mantenere fede alle altissime premesse che precedono sempre ogni loro nuova uscita.

“Cromagia”, questo il titolo di questo nuovo disco, si rivela subito essere un concept-album dai toni, come già “Teatroelementale”, molto intimisti e psicologici. Punto di partenza per le canzoni sono i colori, usati come metafora per le emozioni. Anche la struttura della tracklist è piuttosto curiosa e particolare: ogni colore ed emozione, infatti, è suddivisa su due brani, il primo funziona come una sorta di introduzione (e porta il nome solo del colore), mentre il secondo è la canzone vera e propria. Questa suddivisione, però, non deve spaventare l’ascoltatore, perché non si troverà di fronte “solo” cinque canzoni e una lunga pletora di filler fini a sé stessi, bensì undici tracce che hanno la musica (un gran numero di musiche, aggiungerei) al centro.

Sotto il profilo musicale, come sempre gli In Tormentata Quiete ci sorprendono con mille e una influenze, tutte perfettamente mescolate nel loro sound. Forse questa volta, più che in passato, emerge e trova più spazio la melodia e meno la musica estrema. Si tratta, però, probabilmente di una scelta dettata principalmente dalle emozioni che si volevano di volta in volta comunicare con i brani.
Si inizia con “Blu”, intro dal sapore magniloquente, incalzante e in crescendo, con molte tastiere e chitarre elettriche a dare profondità al pezzo, a cui segue “Il Profumo del Blu”, che è probabilmente il pezzo più estremo (e in cui più si fa sentire anche lo scream), di tutta la scaletta. Son gli In Tormentata Quiete più vicini a quelli che conoscevamo dai dischi precedenti, come se tutti i loro dischi fossero un solo album, che prosegue da una traccia all’altra.
“Rosso”, però, già scompagina tutte le aspettative e, pur trattandosi di un lungo assolo di sitar che nulla ha di metal, rimane fermamente impresso nella memoria. A seguire “Il Sapore del Rosso” gioca sull’alternare momenti e passaggi più tranquilli e melodici ad altri più pesanti ed estremi.
“Verde” è una ballad per voce maschile pulita, accompagnata da una semplice chitarra acustica, che non si interrompe per lasciar spazio a “Il Sussurro del Verde”, ma evolve in essa, lasciando semplicemente conquistare più spazio alla voce di Irene Petitto che aleggia su toni più pop (qui e là, inoltre, si odono quasi echi della pastorale di Mozart).
Il dittico del giallo inizia con una ritmata intro di chitarra, anche se il cambio di stile a circa due minuti, che trasforma in pezzo in un brano heavy tout-court, sembra un po’ troppo improvviso. Con “La Carezza del Giallo” si torna nei territori che i fan de I Tormentata Quiete, conoscono meglio: musica estrema estremamente variegata e capace di cambiare registro da un momento all’altro, ma anche tutte e tre le voci capaci di esprimersi in contemporanea sovrapponendosi, senza per questo divenire cacofoniche. Nel finale, poi, ennesimo cambio di registro, con il brano che svolta verso il folk, con ritmiche e linee vocali che strizzano l’occhio alle filastrocche e alle canzoni da festa del paese.
L’intro “Nero” è, come giustamente il nome stesso sottolinea, quella più inquietante, basata su suoni e voci campionate e un sottofondo in crescendo, con grida e ringhi di contorno. “La Visione del Nero” parte proprio da qui, con voci filtrate e ritmiche lente e ossessive, per poi evolvere verso un mix di tutto quello che si è sentito fino a questo momento, alternando momenti più pesanti ad altri più melodici, scream a voce femminile, chitarre distorte a tastiere eteree.
A chiudere il tutto “InVento”, breve outro che ci accompagna delicatamente verso la conclusione.

“Cromagia”, dunque, aggiunge l’ennesimo tassello di grandissima qualità a una discografia che già era composta da dischi che a chiamar capolavori non si farebbe difetto a nessuno. Qui e là, rispetto ai precedenti, si incontrano passaggi che, a un primo ascolto, posson dare l’impressione di esser più semplici, meno ispirati, ma, come sempre, i dischi degli In Tormentata Quiete non son semplici e non basta un passaggio nello stereo per capirli. Ed è proprio passaggio dopo passaggio, ripetizione dopo ripetizione, che l’album si mostra sempre più, svelando veramente all’ascoltatore tutti i suoi segreti. Provateci anche voi, non ve ne pentirete.

 

Alex “Engash-Krul” Calvi

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