Recensione: Crusade: Zero
Lunga, lunghissima militanza nel campo, per i polacchi Hate, autori di una discografia abbondantissima. Coetanei dei Behemoth, ne condividono lo spirito del ‘polish death metal’ soprattutto per quanto riguarda le moderne sonorità giacché, non fosse per altro, sussista una comune e massiccia attività presso gli ormai leggendari Hertz Studios di Białystok.
Gli Hate, nonostante ciò, contrariamente a quanto affermato da certi detrattori, non sono affatto dei cloni del formidabile ensemble di Adam Michał “Nergal” Darski. Osservare uno specifico stile musicale dallo stesso punto di vista non significa che la restituzione di quanto memorizzato sia identica. E così è per i tre musicisti di Varsavia che, probabilmente, vivendo esclusivamente di luce riflessa, non avrebbero dato alle stampe ben nove full-length.
“Crusade: Zero” è l’ultimo album in ordine di tempo nella carriera dei Nostri, e pare essere nato per suffragare in toto quanto più sopra ipotizzato. Partendo cioè da un sound caratteristico delle manipolazioni effettuati nei famigerati studi della capitale, Adam The First Sinner (voce, chitarra, basso – Mothernight), Destroyer (chitarra – Kriegsmaschine, ex-Crionics (live), ex-Moloch) e Pavulon (batteria – Antigama, Hazael, Soul Snatcher, Nerve (live), Obscure Sphinx (live), ex-Crionics, ex-Christ Agony, ex-Hell-Born, ex-Lost Soul, ex-Thy Disease, ex-Vader, ex-Deathbringer (live), ex-Decapitated (live), ex-Deivos (live), ex-Interior, ex-Rootwater) sono riusciti a mantenere viva la fiamma degli Hate allineandoli a quanto più moderno ci sia in materia di death metal ‘classico’.
Certo, il loro approccio non dà luogo a mirabolanti progressioni o a ripide evoluzioni da un cliché noto e, soprattutto, collaudato. Tuttavia, la personalità di una formazione rodata da anni e anni di vita sotterranea emerge in tutta la sua freschezza: anche se l’età dei Nostri sfiora ormai il quarto di secolo, il loro sound è assolutamente quanto di meglio, o quasi, ci sia al momento in giro, in materia. Una certezza di qualità ai massimi livelli, insomma.
Una classe che si rispecchia pure nella costruzione delle song, come dimostra l’ossessivo refrain di “Leviathan”, destinato a rimanere a lungo nel cervello con la sua dissonante linearità. Non solo, evidentemente. Anzi, “Crusade: Zero” va probabilmente apprezzato per la bontà dei singoli episodi, concepiti per cercare di uscire dal solito schema basato sull’iterazione ossessiva dei blast-beats. Seppure in alcuni frangenti, come in “Hate Is The Law”, la velocità delle battute e l’impatto sonoro raggiungano il parossismo dei sensi. Per uno stordimento totale, da annichilazione.
E la più su evidenziata bravura di scrittura emerge in tutta la sua consistenza in “Valley Of Darkness”, canzone addirittura melodica, esemplificativa della spettacolare padronanza tecnica e dell’esteso background culturale di Adam e compagni, quest’ultimo evidentemente radicato nell’heavy metal. Per bilanciare gli ingredienti, ecco che compare nuovamente la furia devastatrice: “Crusade Zero” piomba sull’ascoltatore come un tornado in piena potenza. Facendo venire in mente, più che i Behemoth, una band loro connazionale, mai sufficientemente menzionata per la sua bravura: i Crionics. E le loro gelide atmosfere, riprodotte in maniera esemplare, per esempio, nella monumentale “Rise Omega The Consequence!”, drammatico bombardamento sui denti, visionario manifesto noir di un futuro dominato dai ghiacci (“The Omnipresence”).
Alla fine sorge spontaneo chiedersi se, per caso, gli Hate non solo non siano la copia di nessuno, ma rappresentino attualmente la vetta del death metal polacco. La vivacità compositiva di “Crusade: Zero” non è cosa da poco. Tutt’altro: è cosa da pochi.
Daniele “dani66” D’Adamo