Recensione: Crush The Cenotaph
L’originale Crush The Cenotaph fu registrato nel 1988 dagli Asphyx e fu il loro secondo demo, quello che, per la cronaca, vendette 5000 copie e iniziò a far circolare davvero il loro nome nel panorama estremo underground. Questo demo è una registrazione precedente all’entrata nella band di Martin Van Drunen alle vocals e al basso e la formazione che lo diede alla luce era composta dai fondatori Bob Bagchus e Tonny Brookhuis e da Theo Loomans. Nel 1992 poi, dopo l’uscita del loro esordio ufficiale The Rack, con Van Drunen nella band gli Asphyx decisero di ri-registrare quel materiale di quattro anni prima per realizzarne un EP (che racchiude anche due tracce live provenienti da The Rack) sotto la produzione di Waldemar Sorychta. La formazione è quindi la medesima di The Rack, per confermare uno dei tratti salienti che caratterizzano il Death Metal: degli EP di ottima qualità, belli da ascoltare almeno tanto quanto i full-length.
Seppure composte da una formazione diversa, i tre brani di questo EP già presentavano embrionalmente lo stile che poi fu la caratteristica vincente di The Rack. Tutte e tre le canzoni presentano un arrangiamento simile: tratti lenti stile doom che sorreggono la struttura che poi esplodono in brevi e potenti cavalcate in puro stile death. La vera differenza sta sicuramente nella qualità di registrazione migliore rispetto al passato e nel maggiore affiatamento dei membri della band, che ora hanno sulle spalle molte più ore sia in studio che on stage, tanto da rendere queste canzoni in tutto per tutto un prodotto di loro esclusiva appartenenza.
E’ la title-track ad aprire il fuoco e, dopo un minuto di esplosiva intro strumentale, subito possiamo trovare i tratti tipici degli Asphyx degli esordi che già prima abbiamo descritto.
Rite of Shades, poi, è sicuramente il brano più vicino al Doom Metal dei tre. Nonostante il suo lento incedere, ci trascina con piacere fino alla breve, ma intensa, sfuriata finale, nella quale oramai siamo totalmente immersi nell’ascolto dell’EP.
A chiudere giunge il brano migliore e più lungo, The Krusher, forse una delle canzoni storiche e più trascinanti della band. Delle tre è quella con l’arrangiamento più complesso, curato e articolato e la prestazione vocale di Van Drunen sa renderle quell’aggressività appropriata, latente e pronta a venir fuori in un attimo. E’ questa canzone che sicuramente rende prezioso l’EP e ci rende soddisfatti del prezzo del biglietto.
Evocation e Wasteland of Terror sono le registrazioni live a chiusura dell’EP. Il suono a mio parere non è certo dei migliori (la registrazione è del ’91, in pieno tour promozionale di The Rack), però va detto che l’esecuzione è tale e quale al CD. Ciò che va sottolineato maggiormente è la possibilità di ascoltare una band che sul palco dà tutta se stessa per dimostrare il proprio valore ed emergere. Fortunati coloro che c’erano.
L’uscita di Crush The Cenotaph ri-registrato apriva la pista a Last One On Earth, probabilmente il più fortunato dei due primi dischi della band olandese. Il disco segnò anche uno dei momenti fondamentali della carriera della band, perché a seguito di quel disco Van Drunen abbandonò gli Asphyx per unirsi ai Bolt Thrower.
Marco “Dragar” Sanco
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Tracklist:
1. Crush The Cenotaph
2. Rite Of Shades
3. The Krusher
4. Evocation (live)
5. Wasteland Of Terror (live)