Recensione: Cycles
Che cosa vi aspettate da un gruppo grindcore, veloce come un caccia militare, pesante come una betoniera e diretto come quel muro che vi viene incontro mentre guidate? Grosse spese ospedaliere? Avete visto giusto ancora una volta: i Rotten Sound si confermano essere questo, e anche altro.
Giunti all’ennesimo capitolo della loro ormai lunga discografia, i finnici più incazzati del momento crescono, si ripuliscono il grembiule da macellaio, ma non per questo rallentano la marcia, anzi. Cycles è un album che sembra seguire una linea parallela, anche se molto meno condiscendente, rispetto a quella tracciata negli anni dai compianti Nasum, verso una parziale ricerca del groove, del suono chirurgico ma non per questo freddamente caotico: i brani si lasciano infatti andare a frequentissimi rallentamenti, a quelle pause sonore in mezzo alla furia che riescono a dare maggiore dinamica al loro suono, senza per questo andare a perdere niente in termini di aggressività.
Perché ho detto “meno condiscendente”? Perché i Nasum avevano scelto una via meno graduale per rendere il proprio sound “ascoltabile” (ma questo non pregiudicava, anche per loro, la violenza di quello che rimaneva a tutti gli effetti grindcore); i Rotten Sound invece optano per passi molto, molto graduali, tanto da rendere distinguibile solo a tratti questo disco dalle opere precedenti. Ed è un complimento, in questo caso.
Vero che, come diceva un noto slogan pubblicitario, “la potenza è nulla senza controllo”: ma loro il controllo lo mantengono costantemente, avendo come unico limite quello che è proprio dell’intero genere: la monotonia, generata dal martellamento ritmico continuo, che purtroppo a volte coglie anche loro, se non siete addentro al genere quanto dovreste; Cycles è, in ogni caso, un ottimo biglietto da visita per il grindcore.
Tematiche di protesta, come sempre, si fondono con un’attitudine punk/hardcore che non accenna a diminuire, lasciando invece da parte l’immaginario gore da cui anche loro, almeno visivamente, si erano fatti oinvolgere: quanto ai titoli, un pezzo come Prai$€ The £ord dice tutto.
“Gradita conferma”, insomma, per usare una frase fatta: in poche parole, la manna dal cielo per i malati di grind, in un periodo in cui le uscite – specie quelle buone – nel genere si sono rarefatte non poco.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. The effects
2. Prai$€ The £ord
3. Blind
4. Units
5. Corponation
6. Colonies
7. Poor
8. Days to kill
9. Deceit
10. Caste system
11. Alternews
12. Simplicity
13. Enigma
14. Decimate
15. Victims
16. Sold out
17. Feet first
18. Trust