Recensione: D.E.V.O.L.U.T.I.O.N.
Affilate la mannaia, il macellaio è tornato. D.E.V.O.L.U.T.I.O.N. è l’ultima tappa di una marcia inarrestabile che a cavallo del nuovo millennio ha richiamato alle armi una formazione storica della corazzata teutonica, Destruction. I numeri parlano chiaro: annunciata la reunion – era il 1999 – la leadership si è rinsaldata sulla scorta di cinque full-length, un live album (più relativo DVD) e una raccolta di classici ammodernati; si viaggia alla media di una release annuale, con il solo, sabbatico 2006 a graziare le tasche degli aficionados. Cotanta regolarità ha indubbiamente mantenuto accesi i riflettori sul gruppo, anche se la costanza in studio non si è sempre tradotta in prodotti di qualità assoluta. Tralasciando l’interlocutorio Thrash Anthems, ambo Metal Discharge e Inventor of Evil hanno pagato dazio alla pesante eredità di The Antichrist, indiscusso caposaldo del nuovo corso.
D.E.V.O.L.U.T.I.O.N. vuole invertire la tendenza, prefiggendosi dichiaratamente un ritorno ai vertici del repertorio. La ricetta non cambia, ma guai a parlare di minestra riscaldata: la pausa di tre anni ha influito positivamente sul processo compositivo, riducendo ai minimi termini l’impressione di ascoltare meri esercizi di stile. Gli unici punti interrogativi sorgono, non a caso, quando la band decide di uscire dal proprio seminato: accade in Offenders of the Throne (debole nel chorus) e, soprattutto, nell’indigesto mid-tempo di Elevator to Hell, pezzo che non ha nulla a che spartire con il trademark Destruction. Di un altro pianeta l’opener Devolution, speed metal nucleare che pedala a testa bassa, o la pirotecnica Odyssey of Frustration, tra i brani più ispirati che il trio abbia inciso ultimamente. Last Desperate Scream straccia la concorrenza per il titolo di refrain più gagliardo, mentre The Violation of Morality rispolvera con merito le dinamiche del sottovalutato Release From Agony, alternando ripartenze brucianti a passaggi più ragionati. Il resto viaggia sui binari del classico thrash di produzione propria, consolidando l’impressione di un songwriting fresco e discretamente variegato.
Squadra che vince non si cambia: la stessa line-up resiste da sette anni, non era mai successo. Marc Reign è il batterista più completo e potente che i Destruction abbiano mai schierato; Vicious Circle – The Seven Deadly Sins o il rullo compressore Urge (The Greed of Gain) parlano chiaro. Schmier comanda la ciurma come ai vecchi tempi, compresi i goffi ma irresistibili vocalizzi che da sempre ne caratterizzano il cantato. Il minuto Mike Sifringer, infine, si conferma ispirato riffmaker, nonostante qualche peccato veniale nella scelta dei suoni di chitarra; pregevole l’assolo contenuto nella title track.
D.E.V.O.L.U.T.I.O.N. è un album che sulla continuità costruisce le proprie fortune. Gli autentici capolavori del gruppo si mantengono a debita distanza, ma questi Destruction, superata l’ansia da prestazione delle precedenti uscite, dimostrano di non aver esaurito le cartucce in canna.
Inossidabili.
Federico Mahmoud
Tracklist:
01 Devolution
02 Elevator to Hell
03 Vicious Circle – The Seven Deadly Sins
04 Offenders of the Throne
05 Last Desperate Scream
06 Urge (The Greed of Gain)
07 The Violation of Morality
08 Inner Indulgence
09 Odyssey of Frustration
10 No One Shall Survive