Recensione: Damnatio Memoriae [Reissue]
I My Silent Wake non sono mica gli ultimi cudeghìn sulla piazza: inglesi, attivi sin dal 2005 con un paio di manciate di album alle spalle approdano alla ristampa del loro ottavo sigillo in carriera tramite l’italianissima Minotauro Records. Damnatio Memoriae, uscito originariamente nel 2015, in questa nuova versione si compone di undici tracce accompagnate da un booklet di dodici pagine con tutti i testi, disegni allettanti e una foto della band, composta da Ian Arkley (Chitarra, piano, E-bow, Synthetizers, Didgeridoo, Voce), Adam Westlake (Basso), Gareth Arlett (Batteria) ai quali si affiancano Mike Hitchen (Chitarra) e Simon Bibby (Tastiere) a completare la line-up 2017.
I britannici, guru del gothic doom’n’death puntano al bersaglio grosso e portano a casa il risultato con piena lode. Damniatio Memoriae è disco d’altri tempi, di quelli che crescono ascolto dopo ascolto regalando perle in sequenza.
La proposta dei My Silent Wake è peculiare, con maestria sanno coniugare il cantato Death growl all’interno di trame dalle tinte Doom. L’epica “Of Fury” è lì da sentire, posta in apertura a presentare al mondo la musica della band. “Highwire” addirittura è in grado di scomodare l’eroica degli Immortal palaesata su quel capolavoro che rimane At the Heart of Winter, tanto per capire la capacità penetrative dei musicisti del distretto del North Somerset.
“Now it Destroys”, come da titolo, è pura deflagrazione Death mentre “Black Oil”, per lo scriba la vetta creativa del disco, è Doom marcio dal primo minuto all’ultimo: chitarre con la veemenza dei cari, vecchi Death SS e atmosfera funerea sino al termine. Altro viaggio all’inferno senza ritorno lungo i quattordici minuti di “The Empty Unknown”, capaci di regalare un poco di luce grazie a sprazzi presi in prestito nientepopodimeno che dai Pink Floyd.
I britannici sanno anche “menare”, quando è il caso, vedasi alla traccia numero otto: “Chaos Enfold Me”. Dulcis in fundo, in esclusiva per questa ristampa Minotauro, un terzetto costituito da “And so it Comes to and End”, “Now it Destroys” e “Of Fury” in versioni alternative, con la prima e la terza innervate da tastiere e quella di mezzo da tastiere e dulcimer. Un’ulteriore lettura in chiave gotico sinfonica di quanto già espresso nelle tracce originarie precedenti, con risultati di assoluto livello.
I My Silent Wake probabilmente non rivoluzioneranno la storia del rock duro, resterà però per sempre la loro perizia nel saper far convivere tre correnti distinte come il Doom, il Gothic e il Death, con come comune denominatore l’heavy metal più classico dalle pigmentazioni epiche.
Damnatio Memoriae lo fa in maniera eccellente, e non è poco…
Stefano “Steven Rich” Ricetti