Recensione: Damned Woman and a Carcass
Tanto di cappello a chi sceglie di impelagarsi in un genere impegnativo come il symphonic black invece di ripararsi sotto l’ala protettiva del black canonico, genere più diretto ed erroneamente considerato più facile e a colpo sicuro.
I Dark End hanno una storia relativamente recente: nemmeno un demo e già un disco infilato sotto Necrotorture: non male, considerando quanto faticano le nuove band per trovare uno straccio di etichetta.
Essere commercializzati, il più delle volte, vuol dire valere qualcosa e io credo genuinamente che i Dark End quel qualcosa la valgano.
Si vede distintamente il tempo passato a studiare i lunghi ed elaborati brani che hanno portato a questo “Damned Woman and a Carcass”. A livello di arrangiamenti tutto sembra più o meno cadere al posto giusto: fin dall’intro si percepiscono le atmosfere melodrammatiche, a tratti gothiche, che impregneranno l’album per tutta la sua durata. L’immaginario, estrapolato dai maestri letterari del genere come Baudelaire, riporta alla mente pallide succubi dai canini aguzzi e carrozze in stile liberty guidate da quadriglie bianche che si inerpicano verso castelli arroccati illuminati dalla luna. Tutto odora di black sinfonico decadente e sebbene abbondino i cliché del genere, è innegabile la mole di lavoro nascosta tra le fila delle canzoni più articolate come “Vampire” o “Destruction“.
Tastiere in primissimo piano che sciorinano riff magniloquenti ed estremamente orecchiabili, batteria in grande spolvero e cantato tutt’altro che amatoriale fanno coppia con una registrazione un pelo troppo ovattata e con delle idee un po’ troppo inflazionate.
Sebbene assomigli ai grandi mostri del genere, l’album non riesce a crescere con gli ascolti ma si “stalla” dopo un paio di settimane. Il motivo è probabilmente da addurre a una genericità eccessiva delle melodie che non riescono a penetrare come dovrebbero. Si parla forse di mancanza di personalità, giustificabilissima per un primo album. Il black sinfonico è un genere che annovera alcuni tra i musicisti più talentuosi sul mercato e non è semplice trovare spazio vitale tra le band e gli album di notevole caratura usciti negli ultimi 10 anni. Damned Woman and a Carcass sceglie di percorrere un sentiero ben battuto e di basare il proprio successo non tanto sulle idee rivoluzionarie, ma piuttosto sulle innegabili capacità della band e sulla voglia di fare. Non male anche la cover dei Joy Division, un gruppo pericoloso da coverizzare in chiave metal.
L’album è promosso per le sue innegabili qualità cosiddette “universali” e per le lugubri atmosfere evocate con gran talento, con una riserva però di miglioramento; speriamo di sentire ancora parlare dei Dark End, poiché con una produzione migliore e qualche idea geniale, è facile pensarli sul piede di guerra nel panorama internazionale.
Daniele “Fenrir” Balestrieri
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TRACKLIST:
1. Asking for Perfidious Poison (intro)
2. Vampire
3. Sed Non Satiata
4. Destruction
5. Damned Women
6. De Profundis Clamavi
7. A Carcass
8. Obsession
9. Terrible Pleasures and Frightful Sweetness (interludio)
10. The Two Good Sisters
11. The Dancing Serpent
12. Love Will Tears Us Apart (Cover dei Joy Division)