Recensione: Dance Of Death
Questi anni del 2000 sono stati anni fulgidi per l’Heavy Metal, ed in particolare per l’Heavy Metal britannico che vedeva nel 2000 la reunion e seguente uscita del nuovo disco dela corazzata Maiden silurato l’anno successivo dai missili d’acciaio targati Killing Ground dei cugini Saxon, album che riusciva a porsi al di sopra del pur ottimo Brave New World come in una mistica sfida d’acciaio. Ora l’Heavy Metal made in England torna a brillare, e dopo le uscite di grandi ma misconosciuti (ma non meno bravi) nomi come Jaguar e Blitzkrieg, è la volta dei ben più noti e rinomati Iron Maiden col loro nuovo Dance Of Death che non delude le aspettativa riuscendo ad essere un disco di rovente Heavy Metal senza troppi fronzoli. Il lavoro, a differenza dei precedenti, è molto più ragionato a discapito dell’impatto delle song che appaiono molto strutturate.
La danza della morte è aperta dal singolo Wildest Dreams che risulta essere un brano appena sufficiente, ma tutto sommato orecchiabile e veloce. Per ascoltare qualcosa di qualità più elevata dobbiamo attendere l’energica e frizzante Rainmaker. La prova di Bruce è, nonostante l’età, eccellente dimostrandosi così ancora uno dei più grandi singer attualmente sulla scena.
No More Lies sembra estratta da una sessione di Brave New World, forse troppo ripetitiva nel suo energico refrain, ma le leggere sensazioni di noia vengono immediatamente scacciate via da quella che è una gemma indiscussa del disco nonchè per me la migliore song del lotto, ovvero l’eroica Montsegur. La song ci riporta in pieno periodo “Powerslave”, snodandosi tra i magici e granitici riff scaturiti dal trio Gers/Smith/Murra. Le vicende narrate nel brano si riferiscono alla presa della roccaforte Catara ad opera degli spietati Templari (vere macchine di morte!). La voce di Bruce è qui davvero aggressiva come in nessun altro punto del disco e l’epicità scaturita a tratti dalla costruzione strumentale sigilla il brano in un blocco di puro acciaio rovente. Certamente altra grande hits del lavoro è la seguente Dance Of Death che si snoda su una melodia tessuta su di un raffinato tappeto di riff dalle tinte barocche (bellissime le progressioni melodiche in essa contenute). E’ una pura ventata di aggressività targata “british metal” il duo di song d’impatto composto rispettivamente da Gates Of Tomorrow e New Frontier caratterizzata dal bellissimo refrain dalle tinte nettamente “catchy”. Molto bella anche l’atipica Paschendale, una canzone dall’intelligente costruzione melodica, strutturata e complessa. Molto grezza e dura nel suo inizio che alterna dolci parti acustiche a sfuriate metalliche che danno ben presto il via al pezzo vero e proprio, fatto di refrain trascinanti e riff d’impatto. Non sfigura certo dopo tanta metallica potenza la successiva e più accessibile Face In The Sand caratterizzata da un songwriting davvero impeccabile mentre la seguente Age Of Innocence(splendido il suo cadenzato incedere) ci introduce alla closer Journeyman eroica song dal flavour addirittura cupo e malinconico.
Molte persone hanno denigrato questo lavoro, in realtà non ne capisco la causa, forse perchè oggigiorno fa “trend” denigrare le big band; così come non capisco chi si ostina a paragonare sempre questo disco ai capolavori passati senza tener conto dell’attuale contesto storico musicale. Ciò che abbiamo davanti è un ottimo disco di Heavy Metal dalle tinte a tratti “barocche” e quindi a tratte atipiche al classico sound madeniano ma che tuttavia riescono nel loro compito, ovvero a regalarci un ottimo e genuino lavoro molto ragionato e complesso, lavoro che necessita di molti ascolti per essere assimilato e compreso.
Vincenzo Ferrara
Tracklist:
1. Wildest Dreams 03:52
2. Rainmaker 03:49
3. No More Lies 07:22
4. Montségur 05:50
5. Dance of Death 08:37
6. Gates of Tomorrow 05:12
7. New Frontier 05:04
8. Paschendale 08:28
9. Face in the Sand 06:31
10. Age of Innocence 06:11
11. Journeyman 07:07