Recensione: Dark at Dawn
Mi perdonerete nel caso in cui la premessa che sto per fare dovesse risultare troppo lunga e poco pertinente con il contenuto tipico di una recensione, ma il lavoro (si fa per dire eh!) del recensore merita rispetto e deve essere agevolato mettendo lo scribacchino di turno nelle condizioni, nell’interesse di tutti, di svolgere il proprio compito nel migliore dei modi. Ora, capisco che la pirateria musicale sia una piaga che rischia di mettere in pericolo certi equilibri all’interno del music business a tutto svantaggio soprattutto delle band, ma le misure adottate dalle case discografiche, tutte ottusamente all’insegna della repressione, a mio avviso sortiscono gli effetti opposti. Da qualche giorno gira nel mio stereo il promo dei teutonici Dark at Dawn, giunti con questo album omonimo al quinto capitolo della propria discografia, e la mia attenzione verso la proposta della band è seriamente minacciata dall’odiosa scelta della AFM di presentare il promo in questione con dei pezzi sfumati proprio nei momenti in cui la traccia comincia a farsi interessante e m preparo ad apprezzarne tutte le sfumature. Tra l’altro non capisco neppure il perché prevedere ad inizio CD due tracce in versione completa riproposte successivamente in versione parziale e sfumata, ma questo è quanto il promo contiene e su questo procedo con i miei commenti.
I Dark at Dawn si sono sempre discostati dal power metal di stampo teutonico, quello caratterizzato da melodie di facile presa, da massiccio uso di doppia cassa e da cantati puliti al limite delle 4 ottave di estensione. I nostri privilegiano invece un sound più corposo, più massiccio, con strutture piuttosto quadrate che poco spazio lasciano alle divagazioni strumentali, dove le ritmiche non sono mai portate all’eccesso e dove l’atmosfera che si respira è complessivamente cupa e triste. Rispetto ai capitoli precedenti sono state fortemente ridotte certe influenze gothic, che tuttavia riecheggiano qua e là grazie ad un interessante uso delle tastiere affidate al dimissionario Torsten Sauerbrey (che in questo lavoro si occupa anche della batteria e delle chitarre), mentre è stato dato più spazio alle chitarre che hanno il merito di confezionare alcuni riffs in pieno thrashy style. Altra caratteristica degna di menzione del suono dei Dark at Dawn è la voce graffiante e rocciosa di Thorsten Kohlrausch, ottimamente amalgamata nel contesto sonoro diretto e massiccio, opportunamente privilegiata in fase di produzione essendo un elemento peculiare su cui la band punta molto.
La canzoni come anticipato appaiono piuttosto quadrate e dirette, tuttavia non mancano alcune soluzioni che pur non facendo gridare al miracolo si rivelano alquanto azzeccate. Basti pensare alle prime due tracce, tra l’altro le sole in versione completa, l’opener The Alliance e la successiva Avalon (la traccia migliore del disco) dove vengono inserite interessanti partiture tastieristiche di contorno ad una base heavy di fondo che conferiscono alle composizioni potenza e melodia in un mix decisamente accattivante e che lascia ben sperare per il prosieguo del disco. Purtroppo le speranze appena nate verranno disattese da una serie di canzoni nelle quali manca la giusta creatività, dove la monotonia di scelte riproposte senza soluzione di continuità fanno scendere il livello qualitativo dell’intero lavoro. Tra gli altri episodi degni di nota cito Crossbreed dove la voce rauca del singer ricorda quella di Lemmy Kilmister e risulta ben amalgamata con le velocità tipicamente thrash che rendono la traccia dinamica e rocciosa. Negli episodi più lenti invece la voce di Thorsten si avvicina molto per timbrica a quella di Zak Stevens, basta ascoltare l’intro di Road To Eternity, oppure la ballad The Passage che oltre a spezzare un po’i ritmi emerge per la sua capacità evocativa senza scadere mai nel banale e nel mieloso. Si recupera in parte l’anima power con la dinamica e fresca Fearless che presenta un accurato lavoro alle chitarre ed un chorus ben confezionato che difficilmente non ci ritroveremo a canticchiare anche dopo aver riposto il dischetto nella sua custodia.
Giunti alla conclusione dell’ascolto di questo CD ci ritroviamo a fare considerazioni contrastanti. Se da un lato la perizia tecnica dei 3 tedesconi è di tutto rilievo e, almeno per quanto mi riguarda, si senta il bisogno di sonorità che riportino al centro della scena una connotazione più propriamente heavy, dall’altro non si può non notare come il disco in questione, seppur ben strutturato e confezionato, nel corso dell’ascolto tenda ad appiattirsi su livelli poco più che sufficienti non confermandosi sui livelli delle due tracce poste in apertura di disco. Non credo che la versione in commercio, con le parti che mancano sul promo in mio possesso, possano alzare il voto finale che comunque non è per nulla negativo.
Leonardo ‘kowal80’ Arci
Tracklist:
The Alliance
Dark And Dawn
Avalon
Crossbreed
Roses Of Light
Road To Eternity
Fearless
The Passage
The Ones With Fiery Eyes
Glorious Duty
Sons Of The Sea
Band:
Thorsten Kohlrausch – vocals
Torsten Sauerbrey – guitars, drums, keyboards
Michael Lowin – bass