Recensione: Dark Mother

Di Daniele D'Adamo - 23 Settembre 2019 - 11:07
Dark Mother
Band: 5RAND
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2019
Nazione:
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Secondo full-length in carriera per i romani 5RAND, “Dark Mother”, a ulteriore dimostrazione della vitalità di cui gode il death metal italiano.

Death metal che, in questo caso, s’incrocia, e bene, con l’industrial per un risultato finale che si avvicina parecchio al cyber death metal (‘Feel the End’, ‘Blind Addiction’). Detta intrusione non è tuttavia profonda, per cui la natura primigenia del metallo della morte s’incastra alla perfezione con la proposta dei Nostri. Proposta che si nutre anche di melodia, con ciò strizzando l’occhio anche al melodic death metal.

Tenuto conto, pure, che Julia Elenoir, la vocalist, non fa il verso ad alcuna delle sue più celebrate colleghe, interpretando le sue linee vocali con forte personalità dettata, questa, da un approccio maturo e professionale alla questione.

Con che, si può affermare con tranquillità che i 5RAND siano riusciti  stabilire le coordinate tipologiche di uno stile tutto loro. Il che è il requisito fondamentale per emergere dalla marea di iniziative tutte uguali fra esse, immerse in un anonimato da cui il quartetto di Roma emerge con gran spinta e con dispendio di forze per conquistarsi un posto al sole.

La Elenoir, a parere di chi scrive, è forse il componente di spicco, molto brava a districarsi sia nelle harsh vocals ma soprattutto nelle linee pulite, nelle quali dimostra un talento notevole e una tecnica sopraffina. Una cantante, insomma, che funge da traino per l’intera band, prendendola per mano con sicurezza e maturità.

Ovviamente non c’è solo lei, per cui non si può non evidenziare la coesione di una squadra di ottimi musicisti, perfettamente in grado di reggere un sound possente, travolgente, a tratti rabbioso. Un sound che buca l’etere per via del suo incedere possente, trascinante, irreprensibilmente targato 2019. Cioè, pienamente al passo con i tempi e, anzi, spostato in avanti per via di una freschezza compositiva che rende il tutto molto piacevole da ascoltare ma, soprattutto, dotato di una notevole energia visionaria. Il tal senso non si può non menzionare l’eccellente lavoro dell’axe-man Pierluigi Carocci, capace di affrontare con incisività e decisione sia la fase ritmica, sia quella solista. Con riff totalmente devastanti come si può ascoltare, per esempio, in ‘Cold Deception’ e ‘Before the Flood’, nonché assoli baciati da gran classe (‘Black Ocean’). Monumentale la sezione ritmica composta da Riccardo Zito (basso) e Andrea De Carolis (batteria), in grado di erogare una gran quantità di potenza allo stato puro, la quale proietta fiotti di scintille quasi a dimostrare che, nel sound del gruppo, c’è anche qualcosa che rimanda ai generi *-core.

Detto questo, non si può non mettere in evidenza, come peraltro più su accennato, l’ottima attitudine al songwriting di qualità posseduta dai 5RAND, foriero di una perfetta antitesi fra la parte più aggressiva e arcigna del suono e quella più orecchiabile, melodica. La sezione dei ritornelli melodiosi, tutti rimarchevoli di essere ascoltati con attenzione per poterne assorbile la rilevante componente armonica; con alcuni picchi di gran classe come la stupenda ‘Old Angel Midnight’. E, a proposito di canzoni, “Dark Mother” può ne può vantare un insieme dall’alto peso specifico. In esso, difatti, non ci sono né buchi, né cali di tensione né, peggio, riempitivi.

La qualità tecnico/artistica dei 5RAND è davvero elevata e consente loro di metter giù brani tutti interessanti, ben diversificati fra loro seppure legati indissolubilmente al loro peronalissimo stile. Canzoni che, tutte, si legano per dare una bella mazzata sui denti ma che, al loro interno, contengono la perla di ritornelli melodiosi, cantati con sentimento, che si installano facilmente nella pare interna della scatola cranica.

Come dimostra la superlativa closing-track ‘Silent Spring’, forse la migliore del lotto, in cui emerge una capacità di scrittura semplicemente eccezionale unitamente a delle orchestrazioni che la proiettano in alto a sfiorare la perfezione per una traccia da leggenda.

Molto, molto bravi. Che altro dire?    

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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