Recensione: Dark Secrets of the Soul
La rincorsa italiana durata quarant’anni e più all’heavy metal inglese o NWOBHM che dir si voglia, inteso, oggi, come movimento metal in generale, può dirsi conclusa. Se in quegli anni pochi coraggiosi connazionali mettevano su una band per emulare Saxon, Iron Maiden e compagni, la distanza tecnico/artistica da questi ultimi era importante. Oggi, però, in Italia, ci sono gruppi, e sono anche parecchi che, come standard qualitativo, sono perfettamente allineati allo status delle migliori formazioni in senso assoluto. Gruppi tranquillamente in grado di competere ad armi pari con il… nemico nell’affollatissimo panorama della musica estrema e non.
Estrema? Sì, poiché qui trattasi di discutere del secondo album dei Drown In Sulphur, “Dark Secrets of the Soul” che, si è già intuito, rappresenta l’avanguardia tricolore in campo deathcore. Dopo il doveroso intro di ‘Adveniat Regnum Tuum’, l’imperioso attacco di ‘Eclipse of the Sun of Eden’ lascia subito intendere che i Nostri abbiamo poco da invidare a Carnifex, Heaven Shall Burn e compagnia cantante.
La potenza è devastante (tre chitarre…), saette di blast-beats saturano l’atmosfera, possenti orchestrazioni sorreggono un sound praticamete perfetto, distinguibile in ogni istante e in tutte le sue componenti con facilità irrisoria. Terrificanti stop’n’go dalle accordature ribassate (‘Unholy Light’, ‘Say My Name’) spezzano la schiena con la loro frammentata erogazione di energia allo stato puro che sprizza scintille per uno stile anch’esso scevro da errori, indecisioni, dilettantismi.
La bravura di Chris Lombardo “Christ” e compagni è totale, imprescindibile lievito fecondante per dare vita a un sound, giova ripeterlo, assolutamente irreprensibile in ogni suo aspetto, in ogni suo più minimo particolare. Permane viva la componente meramente death metal, nel senso che il deathcore non è puro al 100%. Una circostanza che indica un talento fuori dal comune nel bilanciare esattamente quanto di antico inserire fra le pieghe di uno stile tirato a lucido, affilato come la lama di un rasoio. Brillante, insomma, come esigono i generi *.core.
In più, non manca la componente melodica (‘Dark Secrets of the Soul’, ‘Shadow of the Dark Throne’) – rinvenibile soprattutto nei chorus – che, a parere di chi scrive, è una componente fondamentale non solo nel metalcore ma anche nel deathcore. Perché fondamentale? Perché tesa ad abbellire la parte esterna del monumentale muro di suono tirato su dal quartetto di Busto Arsizio. Ovviamente non si tratta di roba commerciale ma di elementi armonici orecchiabili, atti a rendere più digeribile la pietanza. Forse è l’italico DNA che impone sempre di valutare la possibilità di inserire, nelle varie song, melodie varie che aiutino a caratterizzarle per una piena comprensione dei singoli episodi.
Oltre alla melodia da rilevare l’importanza, nell’economia del disco, delle orchestrazioni che, con costanza ma senza esagerare, si incuneano nei vuoti, si fa per dire, lasciati per strada dalla strumentazione convenzionale. Fattispecie importante anche questa, poiché è da essa che nasce il mood che permea l’LP. Un umore piuttosto cangiante. A volte tetro e oscuro (‘Buried by Snow and Hail’), a volte un po’ malinconico (‘Lotus’), a volte feroce (‘Shadow of the Dark Throne’); tuttavia percepibile con facilità da chi ascolta. Un valore aggiunto, questo, che rende il platter davvero completo in tutti gli aspetti che caratterizzano i dettami di base del deathcore.
Si è già accennato alle canzoni, più o meno. Ma bisogna evidenziarle poiché, anch’esse, svelano una capacità compositiva rilevante. La scrittura è molto pulita, semplice, lineare. Il che non deve far pensare a un approccio superficiale alla questione. Al contrario, l’essersi concentrati sulle melodie e sull’elaborazione di ciascuna song in modo che la parte artistica sia sempre in primo piano rispetto a quella meramente tecnica, ha prodotto un insieme di brani notevoli per carattere e musicalità, benché pregni di energia alla massima vigoria.
Per tutto ciò e per quanto ciascun appassionato potrà scoprire da sé, “Dark Secrets of the Soul” è indicativo di una partenza coi fiocchi, da parte dei Drown In Sulphur, nel campo del metallo oltranzista che balugina in questo inizio d’anno.
Daniele “dani66” D’Adamo