Recensione: Dark Superstition
“Dark Superstition” è il terzo album in studio della carriera degli statunitensi Gatecreeper. Dopo due album discreti, sono nuovamente attesi al varco con un lavoro che potrebbe confermare un percorso ordinario oppure colpire nel segno e permettergli di spiccare quel volo che il potenziale percepito fino ad ora non è stato in grado di garantire. Che Nuclear Blast ci abbia visto giusto una volta ricevuto il promo? Sicuramente i tedeschi di Donzdorf se ne intendono di band, e quindi un punto a loro favore in termini di aspettativa c’è stato fin dall’inizio.
Il risultato? Decisamente migliore del passato. Condividiamo quindi la scelta della label tedesca di investire su questo nuovo capitolo discografico.
“Dark Superstition” è decisamente più maturo. Dal death degli esordi, passati anche ben cinque anni da “Deserted“, il quintetto di Phoenix si presenta ora con un songwriting ricco di elementi ‘metal’, più organico e focalizzato su una ricerca melodica decisamente convincente. Si va dai cambi di tempo che rappresentano l’anello di congiunzione tra sezioni ritmiche più sul mid-tempo stile Obituary e altre più pestate, passando attraverso soluzioni melodiche che richiameranno alla mente dei più esperti i Dark Tranquillity, fino a soluzioni dal sapore cosmico sulla scia di band come Warp Chamber e Blood Incantation. Anche i volumi e i suoni sono perfetti, né troppo pompati né troppo sottili, e riescono nell’intento di garantire spessore al suono senza per questo limitare il potenziale di una ricerca melodica particolarmente attenta al gusto. I lavori di produzione si sono svolti presso i God City Studios (High on Fire, Toxic Holocaust, Torche) che si confermano punto di riferimento per outcome di qualità.
Siamo sicuramente davanti a un discreto album death metal. Nulla di trascendentale o innovativo, ma possiamo garantirvi che lo si ascolta con grande gusto e piacere.