Recensione: Darker Days Ahead
Ormai, da qualche anno a questa parte, si sono viste reunion improbabili, prevedibili, fruttuose, infruttuose, e chi più ne ha più ne metta. Troppe volte si è sentita l’ormai originalissima frase “a volte ritornano”, ed anche per i
Terrorizer, gruppo progenitore assieme a pochi altri di tutta l’attuale scena grindcore, è giunto il momento di tornare. Ma la domanda che di solito ci si pone davanti a questi rientri in scena di vecchie glorie è questa: hanno fatto bene a tornare? Tireranno fuori qualcosa di utile, dopo tutti questi anni di inattività?
Inutile dire che ho atteso con trepidazione questa uscita. I presupposti c’erano tutti: line-up stellare
(Pete Sandoval, Jesse Pintado, Tony Norman… voglio dire, mica pizza e fichi), precedenti ineccepibili, anni e anni di tempo che lasciavano pensare a qualche bel boccone succulento in pentola, contrattone con la Century Media, ma come spesso accade in questi casi il risultato non è stato poi questo.
Procediamo comunque con ordine: Darker Days Ahead è, nonostante tutto, un buon disco di
proto/grindcore vecchio stile come ci si aspettava che fosse, con una voce presa direttamente dal death metal e molto simile a quella del buon vecchio
Oscar Garcia, i blast beat relegati in secondo piano a favore dei tempi classici da scapellamento del
death/thrash di fine anni ’80 e le parti di chitarra tra l’hardcore e il death del veterano
Jesse Pintado, da qualche tempo ormai definitivamente fuori dai Napalm
Death. Il risultato è un insieme di tracce molto groovy, direi anche orecchiabili relativamente al genere proposto, con una produzione moderna dai suoni ben definiti e chiari che mette in risalto il lavoro di ogni strumentista. Tutto quadra, quindi, o meglio cerca di quadrare forzatamente, e tutto sembra essere stato ripreso esattamente per creare un nuovo
World Downfall. Ed è questa la sensazione che il disco in questione lascia, alla fine dell’ascolto: un lavoro certamente godibile ma poco ispirato, semplice, divertente ma anche un po’ banale ed anonimo, senza lo stesso impatto e le trovate memorabili del precedente disco e troppo ancorato al passato dai paletti che quasi vent’anni fa il gruppo stesso ha posto nel terreno. E’ una sorta di cover band di se stessa, insomma, quella che ha prodotto questo
DDA. Certamente una cover band di eccezionale valore, formata da musicisti di esperienza comprovata ma che proprio per questo motivo non si dovrebbe lasciar condizionare dalle aspettative dei fan cercando di clonare un prodotto che funziona. E’ lecito aspettarsi di più, ad esempio, da musicisti del calibro del signor
Pete Commando Sandoval, che in questo disco si è limitato a fare sempre i soliti quattro passaggi con una batteria ipertriggerata, finendo per dare una prova certamente non di spicco e quantomeno comune.
E’ quindi tutto da buttare? Direi di no, visto che comunque Darker Days Ahead è pur sempre un dischetto godibile, ignorante e quadrato, e molti tra i vecchi fan del gruppo non mancheranno di ascoltarlo e, magari, di osannarlo, mentre l’altra fetta di fedeli si chiederà come mai un gruppo dalle potenzialità così elevate si sia limitato solo a scopiazzare male quello che aveva prodotto nel 1989, riuscendo a tirare fuori dal cilindro solo un disco scialbo e di poco conto.
Tracklist:
1.Inevitable
2.Darker Days Ahead
3.Crematorium
4.Fallout
5.Doomed Forever
6.Mayhem
7.Blind Army
8.Nightmare
9.Legacy of Brutality
10.Dead Shall Rise ’06
11.Victim of Greed
12.Ghost Train