Recensione: Darker Later

Di Daniele D'Adamo - 4 Novembre 2010 - 0:00
Darker Later
Band: Humanfly
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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79

Metro dopo metro, la sterminata marea tirata su dagli immensi riff dei fratelli Sutcliffe avanza sull’umida battigia per conquistare definitivamente le terre emerse. Davvero, il sound dei britannici Humanfly si può raffigurare come una smisurata onda solitaria che attraversa, lentamente, la parte più a Nord degli oceani; inglobando tutto ciò che si trova sul proprio cammino.

Sludge, sludge e ancora sludge. Chi ha fame di questo genere, troverà la sazietà, con “Darker Later” – secondo album di lunga durata del combo di Leeds – , che ha mosso i primi passi sulla terraferma nell’ormai lontano 2000. Dopo il demo di routine (“A God Amongst Insects”, 2004), il primo full-length (“II”, 2007), uno split (“Marrakech/New Knives”, 2008) e, infine, “Darker Later”, ora in uscita, si può dire che sia stata completata la fase adolescenziale di una creatura musicale. I Nostri, adesso, dovrebbero essere pertanto diventati adulti e maturi. Il condizionale è d’obbligo, giacché la trafila sopra riassunta non necessariamente porta a un ensemble fatto e finito. Certamente, l’ingresso e la successiva evoluzione nella fase completa rappresentano un percorso ancora da compiersi, se si è in grado di farlo. Tuttavia, credo che dopo gli esperimenti e affinamenti stilistici avventi con due/tre produzioni discografiche serie, si possa già intuire se un act «ha la stoffa» oppure no.

Tornando nel dettaglio, lo stile che contraddistingue il sound del quartetto di S.M. la Regina Elisabetta II è un amalgama tra la trascinata lentezza del doom e la trascinante scivolosità delle psichedeliche sonorità. La visionarietà della musica degli Humanfly è stupefacente. Quando la potenza assume valori dal wattaggio pericoloso per la resistenza dei timpani umani, l’azione lisergica dovuta alle armonizzazioni delle linee delle chitarre soliste spinge la mente a staccarsi dal corpo per volare libera sugli oceani: salvo poi precipitare quando le chitarre stesse macinano quei terribili, poderosi, lentissimi riff dalle proporzioni immisurabili che – sostenuti da un basso rombante, rabbioso e ipercinetico; e da un drumming pestato nella perenne ricerca della varietà all’interno di sempiterni mid-tempo – fanno letteralmente roteare vorticosamente lo spazio limitrofo per poi indurlo a collassare su se stesso.

“This Is Where Your Parents F*cked”, preceduta da un raggelante incipit ambient, inizia con un riff mostruoso: se si alza più che può il volume del proprio impianto di riproduzione difficilmente si saprà resistere al risucchio mentale prodotto dalla musica dell’ensemble inglese. Le accordature delle chitarre via via sempre più attratte verso il basso, l’ipnotica, isterica e dissonante voce di John Sutcliffe, più la sezione ritmica di Mat Dale e Dave Jones, perfettamente idonea a far muovere all’unisono con essa la colonna vertebrale nella sua interezza; conducono a un sound vischioso, che intrappola qualsiasi cosa come la tela di un ragno. “English And Proud And Stupid And Racist” è l’incarnazione di tale astrazione che, alla fine, produce gli effetti fisici di distacco su chi ascolta. La totale mancanza di melodia è una caratteristica che differenzia nettamente gli Humanfly da altri insieme analoghi. Ciò non è assolutamente un fattore negativo, poiché evita di distogliere la mente da quello in cui consiste, credo, l’obiettivo primigenio di John Sutcliffe & Co.: l’alienazione della mente dal corpo (“Stew For The Murder Minded”). Non mancano, anche, mazzate fra capo e collo, giusto per far capire che si sa spingere il piede sull’acceleratore mentre John Sutcliffe si lascia andare a un growling scellerato (“The Enemy Of My Enemy Is Me”). Presente il momento della calma degli elementi con la title-track, presumibilmente allo scopo di preparare adeguatamente – a questo punto così si può definire – il viaggiatore nei meandri della lunga suite finale “Heavy Black Snow”. Essa riassume, anche arricchendola di nuovi particolari, la proposta musicale dell’opera. Azzeccata, in questa song, la presenza di Rose Kemp, artista inglese che, come la ciliegina sulla torta, porta il groove a indurre la propria similitudine con quello, inarrivabile, dei Pink Floyd.

“Darker Later” è imperdibile. La sua qualità complessiva fa sì che possa essere apprezzato non solo dai funerei fans del doom; ma anche da coloro i quali amano le sonorità profonde, e viaggiare soltanto con la forza dell’immaginazione aiutata ben bene, in ciò, dalla trasognante musica creata dagli Humanfly.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. This Is Where Your Parents F*cked 5:20
2. English And Proud And Stupid And Racist 4:49
3. Stew For The Murder Minded 5:52
4. The Enemy Of My Enemy Is Me 3:08
5. Darker Later 2:24
6. Heavy Black Snow (ft. Rose Kemp) 17:10

Line-up:
John Sutcliffe – Vocals, guitar
Andy Sutcliffe – Guitar
Mat Dale – Bass
Dave Jones – Drums
 

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