Recensione: Darkness Shall Prevail
Sei anni, sei lunghissimi anni. Tanta è stata l’attesa per un nuovo disco griffato Holy Martyr, una delle punte di diamante della scena epic metal italiana, e non solo. Questo lungo silenzio è stato un periodo estremamente burrascoso, carico di difficoltà per la formazione di origini sarde. Una sorta di battaglia da cui la compagine capitanata da Ivano Spiga ne è uscita vittoriosa, temprando ulteriormente il proprio spirito, desiderosa di ritornare a far parlare di sé, della propria musica. I Nostri, così, si presentano nel 2017 con una lineup rinnovata. In formazione, infatti, troviamo gli innesti di Paolo Roberto Simoni, alla chitarra, e Stefano Lepidi, alla batteria. A loro il difficile compito di sostituire quelle che sono state due delle colonne portanti degli Holy Martyr: Eros Melis e Daniele Ferru.
Già dai primi rumors riguardanti un nuovo lavoro targato Holy Martyr, venne immediatamente a crearsi una sorta di fermento attorno alla band, sia da parte dei fan che dagli addetti ai lavori. La possibilità di avere un nuovo album di metallo puro e incontaminato, epico e carico di pathos, come Spiga e compagni ci hanno abituato durante tutta la loro carriera, fece nascere una sorta di conto alla rovescia in attesa della data di pubblicazione, creando grandi aspettative sul disco. Un’attesa che trova il proprio capolinea, potendo finalmente inserire nel lettore Darkness Shall Prevail, questo il titolo del quarto full length forgiato dagli Holy Martyr.
Non rimane, quindi, che pigiare il tasto play. Darkness Shall Prevail si apre con l’intro Shores of Elenna, per poi lasciare spazio a Numenor, prima vera track del lotto. Attendendo una bordata di puro war epic metal, rimaniamo leggermente spiazzati dalle ritmiche rallentate, in certi frangenti al limite del doom, che caratterizzano la canzone. Un aspetto, questo, che incontreremo in tutta la durata del platter. Darkness Shall Prevail si rivela, infatti, come un disco diverso all’interno della discografia, della tradizione Holy Martyr. Il quintetto sembra aver alzato il piede dall’acceleratore, puntando su atmosfere più solenni ed evocative, donando alle canzoni un’aura oscura che ben si sposa con il concept che sta alla base del full length. Un’evoluzione che, sebbene di primo acchito possa spiazzare, si dimostrerà ben presto una mossa vincente, portando gli Holy Martyr verso una dimensione superiore. Darkness Shall Prevail ha il pregio di lasciarsi scoprire ascolto dopo ascolto, aumentando di volta in volta il collegamento emotivo con l’ascoltatore. E, forse, è proprio questo il pregio maggiore dell’album che, almeno per chi sta scrivendo queste righe, risulta essere il disco più maturo della band. Un lavoro introspettivo, carico di emozioni, in cui il pathos, da sempre insito nelle composizioni degli Holy Martyr, viene esaltato come mai fin qui fatto. Ricercate melodie di chitarra, ben supportate da una sessione ritmica sempre al servizio della canzone, realizzano il perfetto tappeto sonoro su cui si staglia la stentorea voce di un ispiratissimo Alex Mereu. Linee vocali riuscitissime, capaci di far sognare e trasmettere emozioni forti, in particolare nei ritornelli, quando la voce di Mereu viene accompagnata da dei cori fortemente legati ai Manowar dei primi dischi. Ma non incontriamo solo echi dei Manowar in Darkness Shall Prevail. L’album sembra estremamente legato all’epic sound d’oltreoceano dei primi anni Ottanta. Ecco quindi affiorare elementi che riportano alla mente i Manilla Road e Cirith Ungol, il tutto, ovviamente, riletto in chiave Holy Martyr. Una formazione che, se ci fosse ancora bisogno di ripeterlo, si dimostra dotata di una personalità marcata e ben riconoscibile.
Un altro argomento che merita di essere approfondito e che, al momento, abbiamo solamente accennato in queste righe, è sicuramente il concept che caratterizza Darkness Shall Prevail. Come sappiamo, i testi hanno sempre ricoperto un ruolo importantissimo nei lavori della compagine originaria di Cagliari. Il nuovo disco non poteva essere da meno e, per l’occasione, gli Holy Martyr decidono di mescolare nuovamente le carte in tavola. Dopo l’Epica greco-romana, protagonista dei primi due lavori, e il Giappone feudale, sui cui si incentrava Invincible, i Nostri decidono di puntare sulla mitologia che sta alla base dell’universo immaginario fantasy ideato dal genio di J.R.R. Tolkien. Un disco in cui incontriamo capitoli dedicati a Numenor, a Gil-Galad e Elendil, al Re Stregone di Angmar. Un’opera ambiziosa in cui gli Holy Martyr, come mai fatto prima, riescono a creare un indissolubile legame tra testi e musiche, come solo i grandi dischi possono vantare.
Darkness Shall Prevail rappresenta un capitolo fondamentale nella storia degli Holy Martyr. Una formazione che, dopo aver attraversato, combattuto e superato un difficilissimo periodo, ritorna sulle scene con un atto di fede incondizionata nei confronti dell’heavy metal più puro. Un album sentito e vissuto, carico di passione e convinzione. Gli Holy Martyr versione 2017 sono questi: un ensemble lontano dalle mode, fedele a sé stesso, al proprio credo, tra i massimi esponenti di un certo modo di intendere l’heavy metal. Una scena il cui scettro sembra essersi spostato nel corso degli anni, passando dal territorio americano a quello europeo, in particolare in due nazioni come Italia e Grecia. Proprio in Italia, tali sonorità hanno trovato terreno fertile, sfornando nell’ultimo ventennio una serie di nomi dall’indiscusso valore ma a cui la fortuna sembra non aver arriso. Il ritorno degli Holy Martyr, provando a descriverne il significato e l’importanza attraverso una metafora, può esser visto come una sorta di agguerrito urlo, lanciato da un condottiero pronto a guidare il proprio esercito nel bel mezzo di una battaglia. Un urlo per reclamare, rivendicare ciò che gli spetta di diritto ma che, inspiegabilmente, non è ancora in suo possesso. Siamo solo agli inizi di questo 2017, ma Darkness Shall Prevail è già tra i candidati al trono di miglior disco epic metal dell’anno. Ben tornati Holy Martyr!
Marco Donè