Recensione: Dawnbreaker
Se paragoniamo l’heavy metal all’universo e consideriamo che l’entropia dello stesso è in continuo aumento, di sicuro i Crystal Ball, con il loro nuovo album, non produrrebbero certo un grande sussulto al nostro amato cosmo…
Continua la marcia trionfale del power metal e, soprattutto, dell’heavy più refrattario alle mode, che ritrova nei Crystal Ball gli ennesimi difensori di questa imperitura fede, affiancandosi ad acts quali Wizard e Mystic Prophecy.
Nati dalla cover band Cherry Pie, dopo un buon debutto (“In The Beginning”, 1999), i Nostri si fanno conoscere con il secondo album “Hard Impact” e proseguono la carriera partecipando a tour europei in compagnia di vecchie glorie quali Dokken, UDO, Doro e Krokus.
Dopo “Secrets” (2007), ritornano in studio per proporci l’ennesima ricapitolazione, intitolata “Dawnbreaker”.
Viste le premesse, è inutile aggiungere che il sound di “Dawnbreaker” appare inflazionato già dal primo ascolto, soddisfacendo solo i più reazionari e, potenzialmente, gli “sbarbatelli” del metallo: le novità non sono molte, anzi, quasi nessuna, e dopo un intro sinfonico (“Zarathustra”), il riff tellurico di “Break Of Dawn” picchia duro per chiarire subito le coordinate musicali su cui si muove il progetto.
Può mancare nel classico disco power/heavy rock una canzone capace di scaldare gli animi più intrepidi? Domanda che trova la sua ovvia risposta in “Anyone Can Be A Hero”, dai tempi rapidi e serrati, suggellati dal refrain altisonante. Da non sottovalutare il pattern solista, arrangiato con maestria, capace di elevare la song grazie a tonalità azzeccate e accordi chirurgici.
Qualche arpeggio dal gusto malinconico (“Eternal Flame”) emerge, di tanto in tanto, tra liriche powereggianti e inserti rocciosi, interpretati da bassi compatti e corposi (“The Brothers Were Right”).
La suddetta “Eternal Flame” spezza il ritmo vigoroso della tracklist, concedendoci una pausa grazie a tempi lenti, melodie morbide e atmosfere ovattate.
Il lavoro procede con disinvoltura, piazzando in successione il riff di “Skin To Skin”, mutuato dai Dio (“Magica”) e le battute di “Walls Fall Down”, memori dei Black Sabbath più heavy.
Nulla di eclatante nemmeno per “Back For Good”, guidata dal solito incedere minaccioso (mitigato da qualche sfumatura synts), né tanto meno per il martellare di “Power Pack”, segnato da un ritornello fiacco e prevedibile.
Data la lunghezza della tracklist, i Crystal Ball indulgono nell’epicheggiante “Stranded” (da non confondere con il classico targato Royal Hunt), dai cori alti e dalle chitarre eleganti e trascinate, che sfoggiano le onnipresenti scale neoclassiche.
Arrivati a “Sun Came Out” il cliché è, oramai, pienamente consolidato e continua orgogliosamente sulla falsa riga di Helloween, Stratovarius e soci, alternando fughe e assoli crescenti.
E se pensate che giunti all’undicesima traccia sia tutto finito… vi sbagliate di grosso!
I Nostri non risparmiano energie e ci offrono ben due tracce in chiusura: “Touch The Sky” e la conclusiva, vibrante “Bond Of Love”, canzoni che ripropongono corse sfrenate che dovrebbero sfibrare anche gli estimatori di Dragon Force e Firewind (senza tralasciare una veloce quanto doverosa citazione agli Iron Maiden…).
Alla fine di questa abbuffata, risulta palese che gli sforzi propugnati dai Nostri hanno fruttato un disco nella norma, che, com’è prevedibile, sprofonderà nell’infinita mole di album che costellano il panorama sconfinato della nostra musica preferita, senza distinguersi per particolare originalità compositiva o tecnica strumentale.
“Dawnbreaker” è, dunque, un parziale fallimento? Domanda retorica che può condurre sempre alla stessa risposta: questo disco è un banchetto appetitoso per tutti quelli che non vogliono farsi sfuggire una sola uscita di odierno power/heavy, mentre, agli altri, potrebbe causare una fortissima indigestione…
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