Recensione: Day Of The Saxons
Beneath the seeds of time
An ancient friend came to be
He stormed the land with an upper hand
A razor edge sword became his brand
(Riders Of Doom)
I Witchkiller erano una misconosciuta cult metal band nonchè autori di un Epic Metal arcano e graffiante. Apparirono nelle scene intorno al 1982 anno in quale i nostri ci deliziarono con un demotape (di cui nessuno sembra conoscerne l’esistenza) tutt’altro che banale, ma contenente al suo interno alcune canzoni che sarebbero poi state sviluppate ed elaborate nel loro successivo EP “Day Of The Saxons”, EP che segna alla fin fine la loro unica uscita discografica rilevante ed ufficiale. Sebbene si trattò di un disco di notevolissimo spessore i Witchkiller riuscirono nella difficilissima impresa di scomparire nel più assoluto nulla, e con un EP di tale caratura alle spalle ancora oggi non riesco a spiegarmene il motivo. Forse complice il look un pò esasperato che il gruppo metteva in evidenza e che vedeva dipinti sulla copertina dell’EP i nostri quattro metal-heroes in completa uniforme “denim and leather” che li faceva apparire come barbari usciti da un arcaico racconto fantasy/medievale. Se poi aggiungiamo che all’interno del booklet si potevano addirittura ammirare un’ascia da battaglia ed una spada brandite dagli elementi del gruppo, che certo non potevano annoverare la bellezza tra le loro grandi qualità, si poteva capire in parte il mancato seguito da parte di un pubblico forse non ancora eccessivamente abituato a scene di tale grezzo e barbarico spirito.
Tornando a questo EP, il lavoro comincia con la title track Day Of The Saxons dai ritmi trascinanti e travolgenti, una song che mette subito in rilievo la caratura tecnica del combo canadese. La voce del singer Doug Adams si pone davvero ad altissimi livelli, la ruvidità e la graniticità mista ad ottime qualità tecniche facevano di lui davvvero un siger di notevolissimo spessore. Ma non è da meno l’axeman Kurt Phillips che riesce a sprigionare un muro sonoro potente e compatto misto ad assoli ottimamente eseguiti.
Lo spettacolo del disco però comincia indubbiamente con la seguente Riders Of Doom vero cavallo di battaglia dei nostri misconosciuti eroi. La canzone si attesta davvero coma punta di diamante dell’ Epic Metal più vero, fervido ed oscuro di quegli anni. Un triste arpeggio di chitarra introduce la cupa e calda voce di Adams che assume i toni di un lamento di un guerriero cinto di freddo acciaio crollato nel fango di una cruda battaglia. Tuoni di tempesta, lampi che squarciano un desolato cielo, atmosfere perse in una drammatica e sconsolante epicità salgono dalla terra come freddi fumi di umidi vapori intrisi dell’acre odore del sangue e dell’acciaio fin quando un roboante ed imponente riffing non scuote queste desolate lande con un’arcaica colata di potente Heavy Metal che esplode in tutta quell’energia che i magici riff e l’eroica prestazione di Adams riescono a trasmettere. Tutto questo è Riders Of Doom, autentico monilite di epica “Howard-iana”.
Introdotta da un glaciale ululato è la pragmatica Cry Wolf dalle tinte dannate e cadenzate, la prova al basso di Todd Pilow è ottima e, come sempre, la batteria di Steve Batky accompagna la cupa costruzione strumentale con grande incidenza. Il brano raggiunge la sua enfasi nello splendido assolo e nell’epico refrain. Ma se Cry Wolf era una colata di dannato, magmatico e cadenzato Heavy Metal epico, ciò non si può dire della seguente Beg For Mercy, che, influenzata da un British Metal di memorie più classiche, riesce ad evolversi i una serie di riff frizzanti ed energici. Con Penance For Past Sins i nostri ritornano agli oscuri ed epici ritmi che caratterizzano l’EP, un delicato arpeggio apre ben presto le danze ai ritmi forsennati e pesanti di questo pezzo fulmineo e granitico di grandissimo impatto sull’ascoltatore e che conclude un disco che si colloca sicuramente in una posizione di grandissimo rilievo in tutta la scena del “cult metal” degli anni 80.
Day Of The Saxons è un masterpiace dell’Heavy Metal più misterioso e di culto, una platter nel quale queste 5 canzoni si incastonano come cupe gemme che magicamente riescono ad emanare tristi ed eroici bagliori di una musica immortale ed eterna chiamata…Epic Metal.
Vincenzo Ferrara