Recensione: Dazzling Dawn
La capacità di unire in maniera vincente sonorità apparentemente distanti, al fine di creare qualcosa di nuovo ed inimmaginabile, è una dote rara, posseduta da quei pochi alchimisti musicali che col proprio operato furono (ed a volte sono tutt’ora) in grado di infondere nuova linfa vitale a generi ritenuti in declino, creandone nuove ed interessanti varietà.
Tuttavia, parallelamente a questo, sin dagli albori della musica abbiamo assistito ad innumerevoli esperimenti sonori mal riusciti e claudicanti, incapaci di fondere nel proprio organismo qualcosa di estraneo che, come nel caso del rigetto post-trapianto, rimane dolente, deformante e spesso inutilizzabile.
Quest’ultimo, ahimè, è proprio il caso degli Eclektica, giovane trio francese nato nel 2007 e giunto con questo “Dazzling Dawn” al secondo full lenght, sotto la supervisione della pressoché fittizia Asylum Ruins Records, che per la cronaca produce solamente loro.
Sin da un’analisi preliminare della line up è possibile intuire come la situazione, già in partenza, non sia delle più incoraggianti: componenti principali della band sono, infatti, una voce femminile lirica, una voce maschile Black ed un cantante/polistrumentista. Tale configurazione consiste in una sorta di duo Raw Black da studio (alla Darkthrone, tanto per intenderci), con l’aggiunta di una cantante in stile Nightwish.
Pur tentando di non partire prevenuti, le perplessità su cosa possa scaturire da tale particolare formazione sorgono spontanee e si concretizzano rapidamente durante l’ascolto del disco. Il sound della band, infatti, sembra basato sull’alternanza disordinata e poco consapevole di esplosioni Raw Black in pieno stile Marduk, inserti strumentali puliti al limite del pop, orchestrazioni alla Cradle Of Filth ed un cantato femminile che risulta tanto fuori luogo quanto lo sarebbe George “Corpsegrinder” Fisher in un coro di voci bianche. A questa discontinua bolgia sonora va aggiunta inoltre la presenza sporadica di un ospite esterno: tale Vincent Valenti, chitarrista solista, che tramite svisate vertiginose a velocità Malmsteen, incollate malamente sui brani e registrate peggio, altro non fà che rendere ancor più drammatica la già difficile situazione della band.
Entro breve tempo risulta evidente come il problema più grave sia la coesione fra le singole parti dei brani, che a volte stridono a tal punto tra loro da sembrare praticamente cucite a caso. L’impressione principale è quindi che gli Eclectika vogliano proporre una versione commerciale del Raw Black, annettendo tastiere, inserti elettronici e voci femminili, al fine di risultare più easy listening, pur mantenendo i connotati di band estrema.
Un’ulteriore nota dolente è purtroppo data dalla produzione, tipicamente (e, a mio avviso, volutamente) underground, che oltre a non essere adatta alla confusa proposta della band, a volte risulta davvero fastidiosa. A tal proposito, se volete provare nuove sensazioni sonore, date un ascolto a volume sostenuto a “There Is No Daylight In The Darkest Paradise“: scoprirete con dolore che uno dei piatti della batteria, tagliato su frequenze vicine agli 8000 hertz, risulta talmente acuto da poter assumere la mansione di otorino laringoiatra e farvi una visita approfondita e traumatica dei padiglioni auricolari. Se possedete un gatto, un cane o dei bicchieri di cristallo, vi consiglio caldamente di metterli fuori dalla porta prima di sottoporvi a tale esperienza, in quanto potrebbero non gradire.
A rigor del vero e per spezzare, non dico una lancia, ma almeno una freccia a favore della band, ci tengo a sottolineare che, armandosi di buona volontà e dopo diversi ascolti, qualcosa di salvabile in questo “Dazzling Dawn” lo si riesce pure a trovare.
Innanzitutto le lyrics, stese in parte in francese ed in parte in inglese, ed il booklet sembrano curati e professionali; inoltre, se si scompone l’enorme minestrone musicale del disco e si analizzano una ad una le soluzioni snocciolate dal gruppo, separandole dal contesto, si noterà che un discreto numero di esse si assesta su livelli quasi sufficienti ed in alcuni casi anche discreti.
Sempre seguendo questa metodica di suddivisione possiamo analizzare anche i singoli componenti della band, scoprendo che entrambi i vocalist sono all’altezza della propria mansione ed il polistrumentista possiede discrete doti tecniche e compositive.
E’ notevole inoltre come le parti che riescono meglio ai nostri siano le meno contaminate e frenetiche, ed in particolar modo quelle più semplici e lontane dal Metal. Quando il gruppo decide, infatti, di smorzare un po’ i toni, nascono pezzi (come il succitato “There Is No Daylight…”) che, nonostante paiano un misto tra Cramberries ed Evanescence, risultano coesi ed apprezzabili da un certo tipo di pubblico. Andando a scavare ancora più profondamente si trova infine un ulteriore aspetto positivo del disco: i numerosi e toccanti stacchi Ambient, tra cui intro ed outro, capaci a loro modo di evidenziare altri celati punti di forza della band e salvare il lavoro da una stroncatura totale.
A conti fatti, l’album recensito in questa sede, nonostante purtroppo sia ben lungi dal raggiungere la sufficienza, rappresenta una sorta di crocevia per una band ancora piuttosto immatura ed indecisa tra le proprie pulsioni per il Black Metal e lo slancio verso una sorta di Pop-Goth melodico e di facile ascolto. Per quanto riguarda il mio modesto parere, nel caso in questione la strada da seguire è la seconda, in quanto la band dimostra di cavarsela decisamente meglio sulla melodia che sulla potenza. Tuttavia, se il gruppo deciderà di proseguire lungo tale direzione, è presto detto, in futuro non se ne sentirà molto parlare sulle pagine di Truemetal.
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Line Up
Alexandra Lemoine: lead vocals
Aurelien Pers: lead vocals
Sebastien Regnier: backing vocals, all instruments
Vincent Valenti: guest guitar, nelle tracce 2 e 5
TRACKLIST
1. The End
2. Dazzling Dawn
3. Sophist Revenge
4. Les Démons Obsédants Du Regret
5. There Is No Daylight In The Darkest Paradise
6. Experience 835
7. The Next Blue Exoplanet
8. Marble Altar
9. Stockholm Syndrome