Recensione: De Desolatione

Di Giorgio Vicentini - 16 Ottobre 2005 - 0:00
De Desolatione
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Genere:
Anno: 2005
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73

Caronte, mitico traghettatore di anime in luoghi di non ritorno (cit.), fa da guida ideale agli Iter Charontis nel loro viaggio musicale ed interiore; De Desolatione è il terzo capitolo discografico di un progetto musicale nato nel 2000.

Ascoltando il lavoro di questi calabresi, il mio pensiero corre alla paccottiglia di uscite ufficiali che appesantiscono gli scaffali, facendomi nascere una domanda: quanto ci vorrà prima di sentire un full lenght ufficiale di questa band? Perché? Perché gli Iter Charontis hanno “qualcosa”, sanno trasmettere un senso di introspezione, di riflessione malinconica e l’incipit acustico di “Elogio Funebre” ne è un primo assaggio, piccola finezza dall’atmosfera pacata che arricchisce le poesie oscure di Zergo
C’è un piacevole sapore di riflessione interiore nella musica del quartetto, quasi di contemplazione delle nebbie gelide in brani quali “Mormurat Terra“, in bilico tra riffing black nordico dalla buona base espressiva e la pacatezza del flauto, stupenda sorpresa che prende di colpo il sopravvento imponendo il “silenzio”. Un regalo, per chi ne adora l’utilizzo nel metal, al quale sarà impossibile resistere se suoi amanti, trasportati con leggerezza dalle note d’apertura di “In Perpetuum Mori” fluenti e vellutate. 

E’ impossibile non rimarcare il lato più pacato dell’opera degli Iter Charontis, capaci di aprire tanti angolini sentiti nel bel mezzo di fraseggi black più o meno veloci, innestandoli nelle strutture con gusto ed accompagnandoli, al bisogno, con ritmiche più cadenzate come nel caso della lunga marcia finale “Gli Occhi della Foresta“. Citazione d’onore per due capitoli in particolare, ossia “In Perpetuum Mori” e “Mormurat Terra“, dove spadroneggia l’atmosfera malinconica dei break acustici di chitarra e flauto, prima pelle di un insieme di preziosismi semplici ma efficaci, segno di una completa simbiosi con la propria musica e con le sensazioni che guidano questo viaggio lungo l’Ade. Un’aria sofferente, sofferta, malinconica, tra i pianti sfumati della menzionata “In Perpetuum Mori” fino alla citazione, voluta o meno, dei dimenticati Ebony Lake in “Lux Adversa“, dei quali sembrano riprendere il gioco atmosferico di “A Voice in the Piano“.

Non che il lavoro attuale sia scevro di difetti, soprattutto sotto l’aspetto vocale da rinvigorire nel colore che a tratti latita nello scream di Zergo, oppure migliorando l’incisività del riffing black, funzionale ma non sempre valore aggiunto. 
In ogni caso, De Desolatione mi ha convinto con la sua aura, con il suo stile già ora ben calibrato, fatto di scelte musicale mirate a valorizzare ogni lato della composizione, sfruttando anche un gergo italico elaborato per testi simili a poesie decadenti, scelta apprezzabile che merita studi più approfonditi per migliorarne la scorrevolezza musicale senza comprometterne la forma ricercata. Ovviamente, nella loro visione artistica del black va compresa anche la scelta di fondere l’arte musicale con quella visiva, avvalendosi per l’artwork di copertina, di un quadro del batterista Angelo, confortante segno d’un panorama d’insieme che cura ogni aspetto dell’arte.

De Desolatione
“…con orgoglio auto prodotto…”.

Tracklist:
01. Elogio Funebre
02. Mormurat Terra
03. In Perpetuum Mori
04. Intermezzo
05. Lux Adversa
06. Gli Occhi della Foresta

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