Recensione: De-loused in the comatorium

Di Tiziano Marasco - 9 Aprile 2021 - 10:19
De-loused in the comatorium
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Me lo ricordo bene quando uscì “De-loused in the Comatorium”. Avevo 18 anni e vivevo ancora vicino al cuore di uno dei luoghi più noiosi del mondo occidentale. Andavo alle superiori e, più che metal (giusto un po’ di Sentenced, Dimmu e Cradle of Filth), ero in fissa con Muse, Radiohead e rock alternativo vario. Avevo qualche Metal hammer, ma leggevo più Rockerilla (al tempo la stampa aveva credito, essendo l’mp3 agli albori).

Ma quando saltò fuori il debut dei Mars Volta

Quando saltò fuori il debut dei Mars Volta, “De-loused in the Comatorium”, la stampa metallica e quella alternativa furono unanimi. Un terremoto, mai sentito nulla di simile. E soprattutto, ribadiamolo per bene, erano unanimi. Quel disco, cosa che raramente accade, era riuscito a mettere d’accordo due mondi, metal e alternative, che sono cugini e in quanto tali si snobbano. Insomma, i Mars Volta avevan l’aria d’essere una…

Sui generis ship spined around the yard

Rizzando le antenne innanzi a tal inusitato evento (ma anche all’inquietantissima copertina nonché al bislacco titolo dell’album), non c’era che una cosa da fare: aprire Winmx e, dato che nel 2003 c’era ancora il 56k, sperare di tirar giù una canzone. Funzionava un po’ come coi singoli apripista di adesso. Tiravi giù un pezzo, magari due e, se ti piacevano, tiravi giù l’album che, con la portentosa velocità del 56k, nel giro di uno/due mesi era pronto per la masterizzazione*. Esattamente come ora, dato che il primo singolo anticipa di uno/due mesi l’album. Rispetto ad oggi però, nel 2003 c’erano due piccole differenze:

1) violavi la legge e
2) il singolo apripista non te lo sceglieva la band. Decidevi tu.

E decidevi con un metodo empirico estremamente scientifico: se è disponibile tutto l’album, il primo pezzo da scaricare è il file più leggero. Così impieghi meno tempo.

Va da sé. Primo singolo estratto: “Son et lumière”.

Titolo misterioso ma al momento della riproduzione su WinAmp parte un “ah cavolo, dura 1 minuto e 34. Dev’essere un’intro. Certo che il chitarrista alla fine pare epilettico. Vabé, tiriamo giù la traccia dopo” (che peraltro era il terzo file più leggero, quindi scelta piuttosto obbligata).

Secondo singolo estratto: “Inertiatic Esp“.

“Ma questo Esp fa parte del titolo o ce l’ha messo l’utente di Winmx? Boh, questi son strani almeno coi titoli… vediamo un po’ di sentire co…”

NOOOOOOOOOOOOW IIIIIIIIIIIIIIIIIIII’M LOOOOOOOST

FUL-MI-NA-TO! E non solo dall’urlaccio d’apertura di Cedric Bixler Zavala, detto anche l’uomo che se non avesse fatto il cantante avrebbe trovato impiego facile come sirena d’allarme antiaereo.

Ma chi sono questi pazzi? Ma allora è vero quello che scrivono! Sta roba è folle!

“Inertiatic Esp” di inerte non aveva nulla, quattro minuti e mezzo a una velocità forsennata tra progressive rock, post punk, l’ugola impazzita del sopracitato Cedric e la chitarra, davvero epilettica, del suo compagno di merengue Omar Rodriguez Lopez.

Due statunitensi di chiara etnia ispanica e di stanza in quel di El Paso. Noti alla stampa (ma non a me, al tempo) per essere stati l’asse portante degli At the drive-in, band che coi Mars Volta condivide qualcosa ma non troppo, essendo molto più chiaramente punk e core.

Non che questi elementi mancassero nei Mars Volta, ma erano sommersi – o meglio fusi – da cascate su cascate di progressive psichedelico di scuola nordamericana. Insomma, più Grateful Dead che Pink Floyd, più Rush che Yes. E tanto hard-core punk, ovvero sparato a una velocità folle. Ma pure, qui e lì, richiami di salsa e samba. E un fottio di altra roba che un diciottenne col 56k non avrebbe saputo identificare.

Elemento tutt’altro da sottovalutare.

Even if this cul-de-sac would pay

In virtù delle mie allora scarsissime competenze musicali, infatti, una volta completo e traslato in compact disc “De-loused in the Comatorium”, colle sue millemila allusioni e contaminazioni stilistiche, si trasformò nel primo megasbobbone di difficile assimilazione della mia esistenza. Ci persi sopra i mesi per trovare una quadratura a quella musica che non avevo mai sentito prima. E posso dire a buon titolo che non l’avrei sentita neppure nei 18 anni successivi.

Ma niente, la band mi risultava sempre più incomprensibile ad ogni ascolto. Un’ora di montagne russe in cui quasi si faticava a credere che ci potessero essere delle sequenze di note ripetute. Gli stessi testi parevano assolutamente sconclusionati. Per farvi un’idea trovate qualche verso qui in giro per la rece, se non vi bastano i titoli delle song. Se non vi basta nemmeno questo, cito il verso “Trackmarked amoeba lands craft”, dal ritornello di “Eriatarka”. Mi sembra tutto molto chiaro.

In tutto questo la prima pezza che emerse dal bailamme sonoro fu “Televators”. Una sinistrissima ballad lisergico-acustica che, non a caso, gli stessi Mars Volta scelsero come singolo reale. E decisero di contornarla da un video animato a tema, fatto di Messico poltergheist e Chupacabras X-files. È qui sotto. Non ho ancora capito se devo aver paura o no. Nel dubbio, ne ho.

Venne fuori la meravigliosa “Eriatarka”, soprattutto grazie al fatto che aveva una strofa suonata a velocità normali. Saltò fuori “Drunkship of Lanterns” con ritornello e riff che ancor oggi perforano i nervi acustici e bruciano 500 neuroni ad ascolto. Si fece notare “Roulette Dares”, che conferma la fortunata formula strofa epilettica + refrain modello Stuka in picchiata (E-x-o-skeletal junction-at-the-railroad delaaaaayed – se poi non lo sapeste, lo Stuka è l’aereo che sentite e vedete in “The Wall“).

Si distinse anche “Cicatriz Esp” (meno male, l’Esp ce lo mettevano loro). Sostanzialmente la summa di tutto quanto. Praticamente “Inertiatic Esp”, ma lunga 12 minuti. Con parti di psichedelia groovosa e jammante aggiunta ad altre fasi di psichedelia lisergica e minimale.

You should have seen the curse that flew right by you

Questo fu “De-Loused in the comatorium”. Un disco folle, schizzato, colorato, malato, contaminato, sinistro e misterioso. In una parola: geniale. Un disco che, paradossalmente, sarebbe stato meglio se fosse stato un lampo nel buio.

I Mars Volta in effetti ne incideranno altri 5, di album, il che toglierà a “De-Loused in the comatorium” lo status di opera unica. Anche perché i Mars Volta, invece di prendere altre strade (tipo gli Arcturus dopo “La masquerade infernale”), replicheranno la formula del debut, ma con meno fortuna (“Frances de Mute” va di ridondanza, i successivi di semplificazione). Dopodiché, nel 2012, si sciolsero e sul progetto calò il buio – ora si prepara un megaristampone della loro produzione, ma di roba nuova manco l’ombra.

Oltre a ciò, la formula Mars Volta sarà così geniale da risultare irreplicabile per qualsiasi altra band. Risulta abbastanza chiaro che il duo** ha lasciato segni tangibili, forse più nel metal che nell’alternative. Senza loro probabilmente non avremmo i Protest the hero. “Coma ecliptic” dei Between the buried and me è sostanzialmente una megacitazione di “De-Loused in the comatorium”***. Ma non è possibile dire che la formula Mars Volta abbia fatto scuola.

Insomma, la band non è esattamente seminale, perché non ha lanciato uno stile e non risulta essere un riferimento chiaro per nessun altro gruppo. Ma ci ha lasciato dei gran dischi di contaminazione tra generi. Di quelli che erano diffusissimi all’inizio del XXI secolo. E ai quali ancora oggi è bello tornare. In questo caso in maniera particolare, perché, in tutta la sua folle unicità, “De-Loused in the comatorium” è un disco fuori dal tempo.

Note

* Se poi ti piaceva tanto, il disco lo compravi. Qui si intuisce come è finita.
** Frega niente che c’avevano Flea al basso e John Frusciante qua e là, i Mars Volta sono solo i due messicani pettinati con le bombe a mano.
*** Al di là di sembrar già simili come sound, per chi non lo sapesse, il concept di ambo i dischi è il seguente: un tale entra in coma, ne esce e, non soddisfatto di essere tornato alla vita, decide di morire. Nel caso dei BTBAM dai testi emerge abbastanza. Da quelli dei Mars proprio per niente.

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