Recensione: De Verboden Diepte I: Veldslag op de Rand van de Wereld
I Dystopia sono una band di Schagen (Olanda) formatasi nel lontano 2005 e con solo tre full length alle spalle, l’ultimo dei quali, Geen weg uit, datato 2020.
L’artwork è opera di Ronarg, e ci propone una meravigliosa copertina raffigurante un cavaliere che sembra scendere dal cielo, avvolto nelle fiamme, la cui forma ricorda la sagoma di un cuore. Ed effettivamente l’idea rappresentata richiama il concetto che ne costituisce le fondamenta, perché De Verboden Diepte I: Veldslag op de Rand van de Wereld sta proprio a significare “Le profondità proibite I: battaglia ai confini del mondo”, un forte richiamo ad un black metal cosmico che viene combinato ad elementi prettamente medievali.
L’album è composto da sole quattro canzoni, per un totale di quasi quaranta minuti di ascolto, quindi abbiamo dei brani piuttosto lunghi, il che potrebbe rappresentare una potenziale insidia. Il disco di base ha un cuore nero come quello di Damien Thorn: come il giovane anticristo nel film The omen, inconsapevolmente malvagio. Già, perché la sua struttura, la sua natura, sono radicalmente black; tuttavia ci sono diverse variazioni di suono e di strumenti, tra cui la tromba, che ne vanno ad alleggerire l’ascolto, rendendolo molto più fluido e orecchiabile: non rinunciano a furiose sgroppate e assalti brutali, semmai si enfatizzano, ma allo stesso tempo sono mitigati da passaggi del tutto orecchiabili. In questa cornice musicale, emergono le capacità istrioniche di Dennis Onsia, frontman dei Dystopia, capace di stupire nella sua interpretazione a tratti attoriale: si muove tra inquietanti rantoli, urla dannate, un cantato disperato e talvolta melodrammatico, che impreziosiscono un album piacevole. Si parte col pezzo migliore, Dood van de Wachters, una bellissima cavalcata black metal, intervallata dalle trombe e dal clean del carismatico di Onsia, che dà un tocco di drammatica epicità al brano: bellissima la chiusura, con un diminuendo, che riesplode ad alta intensità. Giftige Woorden è più cattiva ma anche più caotica rispetto alla precedente traccia: l’oscuro ardore che la muove, la rende meravigliosamente attraente soprattutto nella sua parte finale, in cui si dà spazio tanto al talento di Onsia che alle capacità armoniche della band. Eerste Enkelen, Toen Honderden, Toe Duizenden è una ballata oscura, impreziosita dal controcanto di Rick Jongman, in cui troviamo nuovamente la tromba; bellissimo il finale in crescendo. Chiude De val, dal riff trash decisamente orecchiabile pronto a sfociare in un black metal aggressivo, che si fonde con una epica traccia di tromba che ci accompagna verso un finale di canzone schizofrenico, tra l’aggressivo e il lento.
De Verboden Diepte I: Veldslag op de Rand van de Wereld è un disco diretto e semplice, che non ha bisogno di ulteriori ascolti per capire se può allietare le nostre orecchie o meno, e questo non può che rappresentare un punto di forza tenendo in considerazione il lato sperimentale che i nostri propongono, proiettandolo verso l’avant-garde; particolarmente azzeccata e originale la scelta di utilizzare la tromba con elementi di puro black.
L’ascolto di questo De Verboden Diepte I: Veldslag op de Rand van de Wereld, offre un ulteriore spunto per una considerazione sul cosmic black metal, al quale diverse band sembrano sempre più avvicinarsi: il rapporto tra Universo e uomo, che lo rende ancor più infinitamente irrilevante rispetto al Cosmo, la possibilità di altre vite al di là della nostra, e quindi di altri sistemi di credo diversi o in netta contrapposizione al cristianesimo, offrono strade diverse, più fresche, attuali e originali rispetto al passato, rinnovando ulteriormente il movimento.