Recensione: Dead Again
Dead Again è forse l’album più discusso dell’intera produzione dei Mercyful Fate.Addirittura per molti rappresenta il punto più basso toccato da King Diamond nella sua ormai ventennale carriera.Sinceramente non capisco perché dato che ci troviamo di fronte a dieci tracce di purissimo heavy metal che più classico non si può.
Le chitarre macinano riff su riff e si scambiano assoli ultra metallici,il basso pompa come un dannato,i testi sono oscuri e blasfemi (leggetevi quello di The Lady Who Cries),e la voce…beh la voce è quella di King Diamond o la si ama o la si odia. Forse l’unico appunto si può fare al lavoro svolto dalla batteria che non è all’altezza dei vecchi album (o del futuro 9),infatti in questo disco, il drumming di Holm è un po’ troppo fiacco ed il batterista stesso sembra un po’ stanco nella sua prestazione. Comunque niente di particolarmente disastroso,solo che qualche rullata in più avrebbe aiutato a tenere viva l’attenzione che invece rischia di crollare presto se non si è abituati a questo tipo di sound.Tutte le canzoni suonano terribilmente anni ’80 con le chitarre sugli scudi e senza l’ombra di una tastiera. Purtoppo va detto che non tutte le ciambelle riescono col buco e canzoni come “Mandrake”,”Fear” e soprattutto “Sucking Your Blood” non riescono a colpire come dovrebbero pur essendo brani discreti.
Le altre traccie sono tutte ottime ma forse alcune mancano del classico e tipico ritornello assimilabile e travolgente nella sua immediatezza. Infatti “Dead Again” è allo stesso tempo il meno melodico e il più grezzo e potente dei dischi dei Fate post reunion (almeno fino all’arrivo di 9). Tra le migliori track vanno menzionate la potente “Torture (1629)”, “Crossroads” (ad opera del bassista Sharlee D’Angelo) e l’inquietante “Banshee” (probabilmente il brano più melodico del disco),dove se chiudete gli occhi durante l’ascolto vi sembrerà di vedere gli spiriti evocati dalla mistica song che prendono vita e si muovono lentamente, e quando King comincia ad “imitare” le grida di questi, dopo il primo ritornello, si arriva al raggiungimento di uno dei punti più toccanti del disco. Mai sentito nulla di così triste ed angosciante. L’ossessiva title track, “dead Again”, è forse leggermente troppo lunga,ma se si arriva fino alla fine si scopre che è un pezzo che vale la pena di ascoltare.
In definitiva un buon album da questo gruppo strepitoso che non ha mai deluso le mie aspettative.Certo sarei un pazzo se lo paragonassi a Melissa o Don’t Break The Oath,ma comunque rimane un buon lavoro che (pur con i suoi difetti) si merita ben più di una misera sufficienza,e quindi mi sento di consigliarlo a qualsiasi amante dell’heavy più classico.