Recensione: Dead Again

Di Riccardo Angelini - 5 Maggio 2007 - 0:00
Dead Again

Ci hanno messo quattro anni per riaversi dall’overdose di pessimismo iniettata da “Life Is Killing Me”, ma alla fine ce l’hanno fatta. Peter Steele è tornato, i Type O Negative sono tornati. E con loro l’inconfondibile carica di humour nero che fin dalle origini rappresenta il loro trademark più esclusivo. Dopo quasi un ventennio di (dis)onorata carriera e sette sordidi full-length, i quattro di Brooklyn decidono di concentrarsi su un numero relativamente ridotto di brani – una decina, contro i quattordici-quindici di media da “Bloody Kisses” in poi – riproponendo in dosi massicce il loro sound caratteristico, unico e inimitabile (per fortuna, dirà qualcuno), non senza qualche ritocco di contorno. Insomma, non aspettatevi rivoluzioni perché non ne avrete.

 

Al contrario, è dal proprio passato che la band trae le forme del mutamento. “Dead Again” va infatti a pescare nelle torbide acque dei Type O Negative primordiali, estraendone un barattolo di latta sabbathiana e un vecchio stivale da vagabondo di marca Carnivore. Già la title track sputacchia in faccia all’ascoltatore, ancora stranito dalla flemmatica intro, i germi dell’hardcore/punk che aveva segnato i primi natali in casa Steele; ma è nella successiva “Trapping a Blind Man”, convulsa e malata come si conviene a un pezzo griffato Type O Negative, che prendono definitivamente piede le ritmiche inusitatamente veloci già riscoperte su “Life Is Killing Me”. Il tiro dei primi pezzi pare già buono, tuttavia è quando Pete e soci inseriscono lo slow-motion, lasciando i tempi liberi di dilatarsi a dismisura, che il viaggio si fa veramente interessante. Non a caso infatti i momenti in cui il lussurioso masochismo musicale dei ragazzi di Brighton Beach raggiunge la sua massima espressione vanno sotto il nome “September Sun” e “These Three Things” – rispettivamente a tiro dei dieci e quindici primi – due palle da bowling in lenta e inesorabile caduta verso l’alluce calloso. Tra un lamento e l’altro, Peter si riscopre debitore del suo vecchio idolo Ozzy, al punto di spingersi a imitarne in modo più o meno spudorato le traiettorie canore: lo aveva fatto sull’opener, lo rifà sul refrain (e non solo) di “She Burned Me Down”. Ma a infastidire sul serio è l’uso non eccessivamente insistito ma quasi sempre fuori luogo dei filtri vocali – uno stratagemma di cui l’ex-uomo copertina di Playgirl proprio non avrebbe bisogno. L’altro rammarico è che le tastiere di Josh Silver debbano sudare un po’ più del previsto per conquistarsi gli spazi meritati, in fronte a brani decisamente più accoglienti nei riguardi delle corde di basso o chitarra che verso i tasti d’avorio, sempre e comunque deliziosamente estemporanei.

Di converso, la qualità delle composizioni si attesta con continuità su livelli ampiamente positivi, nonostante un certo calo nel finale. Non mancano gli highlight così come i brani che, pur senza vantare il carisma di una “Christian Woman” o di una “Black n.1”, si fanno ascoltare e riascoltare con piacere. Valga per tutti la frenetica “Halloween in Heaven”, un tuffo a capofitto nel grottesco marasma di un imperdibile concerto dell’oltretomba, immortalato nei versi dall’ennesimo testo-capolavoro:

                                                                                                                  

Elvis ain’t dead so he isn’t here party never ends

Demon roadies, angel groupies, suicide losers

If only I’d known how cool death is I’d have killed myself sooner

Il messaggio è chiaro: i Type O Negative sono ancora vivi – o meglio, per dirla con loro, nuovamente morti – e la loro immane carica di caustico sarcasmo è ben lungi dall’esaurirsi. “Dead Again” è il grido della loro riscossa. Non un capolavoro, non uno “Slow Deep and Hard” o un “Bloody Kisses”, ma un disco ironico, che ribatte alle provocazioni della malasorte con una risata sardonica, un disco maniacale, che per giocare alla roulette russa pretende di usare un lanciarazzi, un disco demente, che grida a un mondo ancor più demente il suo sonoro “life sucks!”. Un disco da Type O Negative, insomma.

 

Riccardo Angelini

 

Tracklist:
1. Dead Again (4:15)

2. Tripping a Blind Man ((7:04)

3. The Profits of Doom (10:47)

4. September Sun (9:47)

5. Halloween In Heaven (4:50)

6. These Three Things (14:21)

7. She Burned Me Down (7:56)

8. Some Stupid Tomorrow (4:19)

9. An Ode to Locksmiths (5:15)

10. Hail And Farewell to Britain (8:55)