Recensione: Dead Dawn
La storia della musica è fatta di personalità intramontabili, dure e determinate: se non ci fosse gente di tale calibro, forse il mondo della musica non sarebbe quello che conosciamo oggi perché non affascinerebbe nessuno, non darebbe forza vitale a chi la ascolta, rimanendo una forma di espressione artistica come tante.
Il buon Lars Petrov (meglio noto come LG Petrov) vale a dire la mente e forza trainante dietro il ciclone Entombed A.D. dopo il clamoroso split con gli Entombed ( e come saprete tutti, ora entrambe le formazioni sono in causa per il monicker originario mentre sembra che al buon Lars, purtroppo non stia andando molto bene….), è indubbiamente una delle anime forti del movimento death svedese, dato che lui c’era prima di tutti: Petrov era la voce dietro a quel “Left Hand Path” che ha iniziato un’era, vale a dire quella del più puro death metal svedese, quello fatto di chitarre saturate al massimo unite a urla catacombali, prima che il fenomeno melodeath prendesse il sopravvento legando così il nome della Svezia a formazioni come At The Gates, Dark Tranqullity e In Flames mentre la vecchia roba come Grave, Entombed e Dismember sembrava già acqua passata per una buona parte del pubblico estremo.
Ma intanto, aldilà del responso del pubblico, gli Entombed ci sono sempre stati, così come Grave e Dismember (nel caso di questi ultimi, almeno fin quando non è arrivato il momento dello split definitivo) ed il buon Lars, come Entombed prima ed Entombed A.D. ora, c’è tuttora.
Quindi, cominciamo subito con il dire che “Dead Dawn” è un disco forte, spinto da una determinazione che tutt’oggi manca a moltissime band emergenti, il classico disco non certo rivoluzionario ma da cui insomma, tutti dovrebbero imparare qualcosa: un disco, soprattutto, in grado di far dimenticare il parzialmente acerbo esordio del 2014, quel “Back to the Front” che sebbene non disprezzabile, alla fine non era poi chissà cosa.
Il suono è sempre al livello degli ultimi lavori in studio, quindi non vi è avvenuta alcuna rivoluzione significativa all’interno di quanto suonato dall’ensemble se non a livello di songwriting e freschezza compositiva: ogni traccia di “Dead Dawn” respira degli echi del death n’roll sempre caro al buon Lars, nutrendosi al tempo stesso di quella ‘forma-canzone’ canonica che ha, appunto, da sempre contraddistinto il suono roccioso degli Entombed di un tempo.
Quindi, ripetendo il concetto, cosa è realmente cambiato?
Bé, innanzitutto, nell’ammasso primitivo che compone il platter troveremo finalmente innumerevoli soluzioni in grado di rendere il disco stesso ammiccante, scorrevole, quasi catchy, al contrario de platter precedente che ho trovato sempre un pò monocorde: e tutto ciò avviene senza sacrificare minimamente l’attitudine da sempre tipica di questo genere, basti pensare ad esempio agli echi old-school di “As The World Fell”, con quelli assoli che per un attimo ti fanno pensare al buon death che fu, oppure agli ammiccamenti thrash di “Down To Mars To Ride”, uno di quei brani in grado realmente di fare la differenza, sia su disco che sicuramente dal vivo.
La pregevolezza che avvolge ogni singolo episodio di “Dead Dawn” rende i singoli brani stessi vere e proprie gemme di death n’roll: in “Total Death” mi è parso persino di sentire qualche vago eco dei primi Metallica (forse la linea vocale, forse la ritmica generale, chissà….ma non fateci caso), “The Winner Has Lost” (- Che titolo profetico per il caro Lars, speriamo che un giorno riesca a spuntarla lui…. – Nda) si fa scudo con le sue ritmiche tipiche del primissimo death primordiale, prima di esplodere in fantastici rallentamenti e lodevoli assoli che impreziosiscono il brano.
Ma, per chi segue o ha già letto le mie recensioni in particolare qui su TrueMetal, sa benissimo che nei casi di dischi pregevoli come questo le analisi ‘track-by-track’ non mi sono mai piaciute, preferendo piuttosto un’analisi delle sensazioni che il disco offre, del suo perché all’interno del contesto sonoro moderno.
A tal punto, credo che le motivazioni si siano capite già qualche riga più sopra, ma lo ribadisco: “Dead Dawn” è un disco maledettamente avvolgente, intenso, che mostra sul serio di che pasta siano fatti gli Entombed A.D. e soprattutto di quale determinazione sia capace il buon LG.
Tutto questo si riflette nel platter rendendolo un riuscitissimo capitolo, a suo modo quasi celebrativo, sia del ‘suono Entombed’ più puro che dell’attitudine ‘cazzara’ di un certo modo di suonare metal estremo….ed eccoci quindi, nuovamente, a ritrovarci con una birra in mano ritrovandoci ad intonare, in un improbabile growl fatto sul momento (!), uno dei tanti ritornelli urlati che inevitabilmente si stamperanno nella nostra mente e che rendono appunto questo “Dead Dawn” una delle (personalmente parlando) più inaspettate sorprese del 2016 e per moltissimi aspetti uno di quei dischi, ripeto anche qui, che pur non rivoluzionando nulla hanno sempre qualcosa di buono da insegnare anche oggigiorno.
Gran disco e nulla più, serve altro?