Recensione: Dead Lights
A volte ci si chiede che senso abbiano le classificazioni musicali quando, soprattutto, ciò che si ascolta presenta delle sfumature così lunghe e sottili da abbracciare più generi. Come nel caso dei debuttanti But We Try It che, per l’obiettiva difficoltà d’inquadramento del loro stile, riescono quasi a distrarre l’ascoltatore dalla qualità della loro musica. Un concetto esasperato nella forma, non nella sostanza. “Dead Lights”, debut-album oggetto della presente recensione, è dato in pasto alla stampa specializzata come «thrashcore». Allo scrivente parrebbe più opportuno riferirsi al deathcore tipo Heaven Shall burn, anche se senza dubbio qualche differenza c’è. Ma tant’è, thrashcore o deathcore o metalcore o *-core, per stringere si può scrivere di thrash, anche se desueto e anzi assai melodico, giusto per finirla lì con le definizioni e iniziare a scrivere del full-length e del gruppo tedesco.
S’è accennato alla melodia: ecco, forse è qui la differenza con tanti altri gruppi. Coniugarla a un sound marcatamente aggressivo, moderno e dannatamente metallico è stato un aspetto che, sicuramente, i Nostri hanno tenuto in debita considerazione. Quel che ne deriva è un groove robusto e massiccio, ricco di stop’n’go, mai votato a eccedere con la velocità ma rimpolpato a dovere con armonie accattivanti; le quali, però, non hanno nulla a che vedere con ritornelli o cori di facile presa. Tim Marxcors e Domink Ballreich elaborano un guitarwork nerboruto, spesso arricchito anzi abbellito da ricami solistici dalla pregevole fattura; marcando con decisione le ritmiche queste sì di scuola thrash. Chi fa da ago della bilancia fra un genere *-core e l’altro, è Jörn Preidt. Le sue linee vocali sono basate, di norma, su un growling rabbioso; il quale non disdegna comunque di passare a uno screaming roco e dai toni profondi. Toni che sono in linea con quelli generali del platter. Cioè un po’ malinconici, orientati verso una languida tristezza che inspessisce, non poco, la qualità artistica del CD. Precisi come orologi svizzeri Stefan Trautmann e Mark Brückmann, che costruiscono una solida base ritmica precisa, potente e varia; senza mai eccedere in cinetica.
Per ciò che riguarda la qualità tecnica del lavoro, nulla da dire. Infatti, “Dead Lights” è stato prodotto da Waldemar Sorychta (Enemy Of The Sun, Grip Inc.) presso i Woodhouse Studios di Hagen, con Siggi Bemm (Caliban, Lacuna Coil, Samael) a occuparsi del missaggio e della masterizzazione. Con un simile apporto di esperienza e professionalità alle spalle, i But We Try It trovano subito la miglior soluzione sia per il sound, adulto ed evoluto, sia per lo stile, abbastanza originale e sicuramente dotato di personalità.
L’insieme delle canzoni rivela un buon bilanciamento fra il ridetto dualismo ruvidezza/armoniosità. Il comune filo conduttore che le lega si trova con facilità con che, dopo pochi ascolti, si può inquadrare con precisione l’opera per gustarne al meglio i brani. Alcuni molto riusciti come “City Of Ghosts”, dall’ottimo riff portante che ne colora di arancione/rosso (i colori del tramonto…) il mood, regalandogli quel senso di nostalgico vuoto che si può desumere, anche, dal titolo. Discorso simile per la successiva “Everything Falls Apart”, il che dimostra l’avvenuta marchiatura stilistica dei ragazzi di Wuppertal. Ragazzi che sanno alzare il tiro con pezzi come “Remember Me” e “The Great Disaster”. Veloci, cattivi e melodici.
Dunque: il suono c’è, le canzoni anche, la bravura dei musicisti non manca, la qualità complessiva di “Dead Lights” non si discute. In esso manca, però, un po’ di coraggio. Quello che avrebbe consentito ai But We Try It di sforare davvero dalla media del genere. Come nel caso del famigerato «braccino» di derivazione tennistica: al momento di sferrare la zampata risolutiva, si tira indietro la mano.
Coraggio che si sarebbe potuto esprimere con una maggiore varietà del cantato, oppure un ulteriore inspessimento della personalità del sound, sufficiente ma non oltre (“Dead Lights I – The Rising” e “Dead Lights II – The Path To New” sono le song ideali per esprimere il concetto).
Il disco può piacere nello stesso modo in cui può non piacere: prima dell’acquisito, si consiglia di assaggiare qualcosa dai canali ufficiali.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. Bloodritual 4:38
2. Cruel World 3:47
3. The Gift And The Curse 4:06
4. City Of Ghosts 4:02
5. Everything Falls Apart 4:11
6. Remember Me 4:46
7. The Great Disaster 3:20
8. Embracing Darkness 4:23
9. Dead Lights I – The Rising 2:54
10. Dead Lights II – The Path To New 4:20
All tracks 40 min. ca.
Line-up:
Jörn Preidt – Vocals
Tim Marxcors – Guitar
Domink Ballreich – Guitar
Stefan Trautmann – Bass
Mark Brückmann – Drums