Recensione: Dead Nation
Non conosco molto della cultura Hip Hop. So che è nata in America, che ha più di cinquant’anni di storia e che ciò che esprime è ben di più di quello che alcuni talent ci dicono oggi, mostrandoci artisti che, più che altro, si lamentano dei loro genitori, si vestono in modo strambo, portano un cappellino inclinato su un lato, camminano strano facendo gli occhi da pesce bollito e, peggio del peggio, cantano con l’auto-tune a manetta.
Espressione musicale dell’Hip Hop è il Rap (parlare con tono deciso), nato come tecnica di canto basata sulla pronuncia veloce di sequenze di rime.
I Rapper divennero portavoce dei giovani appartenenti alle Comunità Afroamericane che abitavano le metropoli, denunciandone le difficili condizioni di vita e parlando di povertà, alcolismo, abuso di droga e criminalità.
Una cultura così intrisa di ribellione e voglia di riscatto non poteva non entrare in contatto con un’altra sviluppatasi su un secondo ramo della stessa radice: il mondo del rock.
Il primo crossover ad avere notorietà è del 1986: i Run DMC, gruppo Hip Hop statunitense, pubblicano la cover di ‘Walk This Way’, celebre brano degli Aerosmith del 1975, prodotta in collaborazione con gli stessi Steven Tyler e Joe Perry.
Un anno dopo gli Anthrax incidono ‘I’m the Man’, spassosissimo brano Rap/Thrash con il quale il gruppo, oltre alle musiche, uniscono anche le attitudini delle due correnti, andando così a minare un bel po’ di stereotipi del metallaro classico dell’epoca.
Arrivano gli anni ’90, il Metal cerca di sopravvivere al Grunge. Gli Anthrax registrano ‘Bring the Noise’ con i Pubblic Enemy e band come Faith No More e Body Count sperimentano incroci tra Hip Hop e Metal. Soprattutto, nel 1991, nascono i Rage Against Machine: il Rap Metal diventa un vero genere.
I greci Boom Dox si ispirano a tutto questo e pubblicano ‘Dead Nation’, album di debutto disponibile dal 11 giugno 2021 tramite la connazionale ROAR! Rock of Angels Records.
Per quel che riguarda il songwriting, nulla da dire: i Boom Dox vanno contro il razzismo, l’ingiustizia sociale e la brutalità della polizia macinando dinamici riff Thrash che accompagnano risolute strofe Rap. Ci sono melodie coinvolgenti, begli assoli, momenti duri e pesanti ed una qual certa dinamica compositiva:
E’ che il tutto sembra ‘troppo bene educato’ diciamo, come se ci fosse il timore di assalire l’ascoltatore. C’è poca violenza sonora e non arriva in faccia la secchiata d’acqua gelata che certi argomenti duri e crudi tirano; in altre parole c’è poco Volume, quello con la ‘V’ maiuscola, l’energia vibrante che scardina i woofer della casse per entrarti dentro.
I brani sono essenzialmente belli, ma mancano di questa carica. Tendono al commerciale: Thrash ma non estremo, Rap ma non esagerato … rivolgiamoci un po’ a tutti.
‘Zombie’, che è allacciata alla copertina (una scia di morti viventi che percorre un vicolo con tanto di bar e ‘drogheria’), ha delle linee melodiche che dovrebbero essere inquietanti; più che altro, però, fanno venire in mente le avventure della Misteri ed Affini.
In ‘Hit’n Run’, che tratta l’argomento sempre odierno dei metodi poco ortodossi usati a volte dalla polizia, manca il senso della rivolta, nonostante il buon riff, il bell’assolo, la massiccia sezione finale e gli effetti sonori che richiamano gli scontri.
E’ una questione di scelta produttiva, non di stile. La band sa aggredire, come dimostra con ‘Guns Blazing’ (che vede come ospite Vincent Price, bassista dei Body Count), ma le controvoci di ‘Black Light’ tendono nuovamente a smorzare l’energia.
La ritmica serrata di ‘Death From Above’ ha un buon incedere e qualche pugno riesce a tirarlo ed anche il funky di ‘My Enemy’ è interessante. Se solo sviluppassero un po’ più di grinta …
Grinta che finalmente scaturisce nella conclusiva ‘Dead Nation’, dalla buona ed orecchiabile impronta vocale nel refrain (cantato con George Nikolaou e Nick V.) e dall’ottimo assolo.
Concludendo, i Boom Dox non esordiscono male, il lavoro, nel suo complesso, tiene e la band è più che interessante. Bisogna osare di più. Se si usa il linguaggio della rivolta bisogna andare fino in fondo. Per ora il giudizio è solo sufficiente; aspettiamo il prossimo lavoro!