Recensione: Death by a thousand cuts
Ultimamente il grind sta vivendo una fase di rinascita, tra gruppi come i Cephalic Carnage che tentano la strada della sperimentazione al limite del bizzarro ed altri che invece riprendono felicemente gli stilemi classici del genere.
Ed i belgi Leng Tch’e (il nome deriva da un’antica forma di tortura praticata in Cina) si collocano in questa seconda schiera, senza eccellere ma sfornando comunque un buon prodotto.
La band nasce come side-project dei più celebri Aborted, sceglie la via della violenza senza compromessi e sforna questo platter più o meno in contemporanea ad un 7″, nella più tipica tradizione grind. Il disco, costituito da 18 pezzi per un totale di circa mezz’ora di musica, si muove su coordinate care ai Nasum o ai Regurgitate: grind/crust caratterizzato dall’uso di un doppio timbro vocale e farcito di abbondante humour nero ed ironia (sentitevi il lungo outro al termine della quarta traccia!). Come sempre è difficile valutare tecnicamente questo tipo di musica, dato che gli episodi brevissimi e semplici all’osso non richiedono certo capacità disumane, ma è da encomiare la velocità del batterista, apprezzabile anche grazie all’ottima produzione ottenuta presso i misconosciuti CCR Studios belgi.
Il track by track direi che è inutile per questo tipo di pubblicazioni, il disco va ascoltato per intero: va detto però che i pezzi sono abbastanza vari, dai toni più “grindeggianti” delle prime due tracce, Initiate Murder Sequence e Strangled by Underwear, a quelli quasi rock presenti nel primo riff di Hypocriscene; da ascoltare anche le citazioni Carcass di Fuck Eddy De Dapper e Get Rid Of The Rock In Your Name o la potente Delusions of Grandeur, presente anche sul 7″ sopracitato.
In generale quindi siamo di fronte ad un disco che non farà sicuramente la storia del genere e che presenta qualche momento di monotonia di troppo, ma che potrà far scuotere più di una testa sui suoi ritmi: consigliato perciò a tutti i fanatici del grind.