Recensione: Death By Fire
Certo metal è così. Lo ascolti e la ragione ti dice che è stantio, conservatore, sempre uguale da trent’anni; e ti sovviene il dubbio che la sua storia sia alla fine. Ma, si sa, “il cuore ha ragioni che la ragione non conosce” e allora ti ritrovi a fare headbanging per l’ennesima volta davanti al tuo stanco stereo e ad essere straconvinto che “heavy metal will never die”.
Gli Enforcer sono così. Devono essere stati ibernati nel 1983 e, una volta scongelati nel nuovo millennio, non hanno proprio voluto credere che fossero passati 20 anni e tanto crossover, grunge, death, black, internet, Pro Tools e digitale. Semplicemente non ci hanno creduto, come quei militari giapponesi ignari della fine della seconda guerra mondiale.
La band svedese non sente ragioni (eccola tornare, la ragione): “Death by Fire” è il loro terzo full-length e, prevedibilmente, non si scosta di molto dal proto speed metal proposto nelle prime due prove. Gli Enforcer, tuttavia, non sono dei puri cloni di Exciter e Anvil, o una banale variazione sui riff di “Kill’em All” e “Killing is My Business…”. Su questa base, a cavallo tra lo speed e il primo thrash, gli svedesi costruiscono canzoni che recuperano il suono della NWOBHM, conferendo così una buona dinamica all’ascolto di un disco che avrebbe rischiato, altrimenti, di scadere in una certa ripetitività.
A due pezzi tipicamente speed e forti di belle melodie (“Death Rides the Night” e “Run for Your Life”) segue “Mesmerized by Fire” che ben ibridizza riff e twin guitar tipicamente britanniche con quella veloce aggressività che caratterizzò le band americane di trent’anni fa.
L’attacco di “Take Me Out of This Nightmare” non può non richiamare i Judas Priest, ricordandoci che “Stained Class” piantò il seme primigenio da cui molto speed discese (e ancora discende). Il pezzo, poi, prende una piega che riporta ai Praying Mantis più aggressivi di “Time Tells No Lies”: un modello di tutto rispetto.
“Crystal Suite” è un pezzo strumentale, come da tradizione eighties. Qui il riferimento principale diventano chiaramente gli Iron Maiden del debutto e di “Killers”. Straordinaria l’atmosfera vintage evocata dalla song, al limite del plagio per l’uso delle twin guitar. Garantito: vi ritroverete in un attimo sotto il palco del Ruskin Arms nel 1980.
Le successive “Sacrificed” e “Silent Hour / The Conjugation” non cambiano di molto le carte in tavola, sapendo comunque mantenere alta la tensione, grazie a una freschezza di suono e attitudine che è il vero valore aggiunto degli Enforcer.
“Satan”, infine, chiude l’album nel modo più canonico possibile, non solo a livello musicale, ma anche lirico, riportandoci all’innocente (e un po’ ingenuo) pseudo-satanismo d’antan che aveva il solo obiettivo di far sembrare ancora più cattivi quei ragazzi che violentavano i propri strumenti.
Il disco dura trentasei minuti, perfettamente adattabili ai due lati di un vinile dai solchi belli larghi. E questo dice tutto: gli Enforcer non hanno mai visto la seconda metà degli anni ottanta e paiono andarne orgogliosi.
In definitiva, si tratta di una band che non inventa niente, ma sa recitare molto bene il proprio compito di riproporre un passato glorioso che ha segnato indelebilmente il nostro genere.
Finché ci saranno band come gli Enforcer, il futuro del metal è al sicuro, ben blindato nella cassaforte del suo passato.
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Tracklist:
01. Bells Of Hades 0:28
02. Death Rides This Night 3:36
03. Run For Your Life 3:21
04. Mesmerized By Fire 4:02
05. Take Me Out Of This Nightmare 4:18
06. Crystal Suite 3:56
07. Sacrificed 5:34
08. Silent Hour / The Conjugation 6:30
09. Satan 3:57
Line Up:
Olof Wikstrand – Voce / Chitarra
Joseph Toll – Chitarra
Tobias Lindqvist – Bsso
Jonas Wikstrand – Batteria
