Recensione: Death Kult Legions
Tre dischi in tre anni di vita!
Complimenti alla band tedesca che riesce, a distanza di un solo/altro anno, a produrre il terzo full-length.
E, se il primo ”Deathevokation” aveva suscitato interesse verso la band teutonica, ”Manifested Darkness” dello scorso anno aveva messo in evidenza le pecche della band in fase compositiva, riducendosi semplicemente a fare un buon compitino, ma sulla falsa riga del precedente disco.
Nel frattempo il duo si è dato molto da fare, sia per quanto riguarda i live sia in studio (vedasi i tre Split-album di quest’anno) con l’inserimento di Gotzberg al basso, Hermannsgard alla chitarra e Vogtsson alla batteria.
Il nuovo “Death Kult Legions”, prodotto dall’affezionata F.D.A.Rekotz, mette in mostra le buone qualità tecniche della band con la voce di Haubersson in prima linea, considerato il suo possente growl che sfiora gli inferi, e la coerenza per perseguire stilisticamente quel death metal scandinavo d’inizi ’90, con tutti i suoni e missaggi ‘moderni’. La mano esperta di Mr. Dan Swano (Bloodbath, Edge Of Sanity, Asphyx) si sente eccome, e il risultato è ancora una volta buono sotto il profilo della produzione, con un sound caldo e ‘pompato’ ma che risulta spesso troppo fazioso e scontato, già aspettato, così come buona parte dei brani vanno a scomodare a destra e manca la storia del metallo.
“As Souls Descend”, ”Cryptcrawler” e “Frozen Majesty” pagano dazio a Reifert e ai suoi Autopsy, così come a band che hanno fatto del doom una parte ‘stilistica’ del death metal. Si con qualche accelerazione (“Black Oath Impurity”), e inserimenti di assoli di chitarra melodici, ma comunque sempre relegati in un ambito tradizionale che di ‘nuovo’ non esprime nulla.
Senz’altro il lato migliore sono le cavalcate in cui la band riesce a dare il meglio di sé. L’opener “In The name Of The Flesh”, la title-track “Death Kult Legions”, così come “Hurt Locker” riportano in auge Dismember, Entombed piuttosto che i Bolt Thrower.
“When Glory Turns To Ruin” si snoda su riff in medium-time, mentre “Leviathan” passa indolore, e paradossalmente il brano conclusivo “Necropolis” dei mitici Manilla Road è una buona rivisitazione, anche se non brilla di “personalizzazione’.
Tirando le somme, “Death Kult Legions” è un disco a stento sufficinete che gira intorno ai vari generi e sottogeneri del death metal, ma mai che focalizzi l’attenzione su un determinato brano. La band ha un buonissimo tiro, ma in fase compositiva band come Entrails e Slaughterday, tanto per rimanere nello stesso ‘filone’ hanno una marcia in più, pur non inventando nulla di nuovo.
Che dire? Provate ad ascoltarlo e decidete…al sottoscritto non ha entusiasmato!
Vittorio Sabelli