Recensione: Death Machine
In Italia le uniche due certezze sono la mamma e la squadra di calcio. Trasponendo il concetto all’interno del mondo HM, di sicuro i canadesi Exciter rientrano nel novero delle milestone del genere.
Il ritorno al fedele produttore Manfred Leidecker – accantonato nel precedente Thrash Speed Burn –, la copertina decisamente anomala e l’omogeneità nei testi riguardo il trattamento di tematiche relative alla tortura costituiscono elementi di novità da parte del gruppo di Ottawa.
Per quanto attiene la musica, cito un episodio avvenuto durante l’incontro di carattere puramente amichevole – e non per motivi, per così dire, “professionali” – con il gruppo canadese in una delle pause del Rock Hard Festival di Bologna, lo scorso 19 settembre. A mia precisa domanda riguardo cosa di nuovo ci si poteva aspettare da Death Machine, il leader John Ricci mi ha elargito un sorriso che sottintendeva: “che ca**o di domanda mi fai???”. Inevitabile grassa risata da parte del sottoscritto come risposta e poi via di nuovo a “cacciar balle” con la birra in mano.
Infatti, come da aspettative, la title track posta in apertura dell’album è il classico pezzo Exciter con il titolo della canzone ripetuto all’infinito accompagnato dall’usuale locomotiva a vapore metallicamente sferragliante. La cosa si ripete nelle successive Dungeon Descendants, Razor In Your Back e Pray For Pain, seppur con qualche lieve variante di prassi e quest’ultima a ergersi sulle altre, per via del coro realmente devastante. Power and Domination si discosta dalla trama ortodossa marchiata Exciter e si presenta forte di un mid tempo greve, dove il buon Kenny Winter non deve per forza cantare con le “bollocks” in gola perennemente. Un batteria a martello pneumatico apre HellFire con il bombardiere Rik Charron che non accenna a mollare il pallino del gioco dimostrando una vena in grado di sbalordire anche un fenomeno come Mikkey Dee. Il drummer degli Exciter è uno che pesta sempre in quantità industriale e questo pezzo gli rende pienamente giustizia, col il resto della band ben assestato sui capisaldi fissati nel ghiaccio di in quel di Ottawa fin dal lontano 1982.
Demented Prisoners molla un poco la presa dimostrandosi episodio maggiormente scorrevole del resto del lotto con alcune aperture all’HM più classico, con un John Ricci impegnato in un riffing meno ossessivo del solito. Da urlo l’urlo di Kenny alla fine – perdonate il gioco di parole -, fra gli orgasmi assortiti di chitarra, batteria e basso. Proprio l’enorme strumento nelle mani di Clammy apre in brano numero otto, Slaughtered In Vain, che perpetua l’infinita tradizione terremotante di casa Exciter, da tempo ormai trademark riconoscibile dopo soli tre secondi di ascolto.
Sette minuti per un pezzo dei Crazy Canucks rappresenta sicuramente una novità e Skull Breaker si conferma spietato macellaio di “capocce” come da titolo. Nemmeno l’anomala durata ferma il Panzer impazzito marchiato Exciter: ancora impudiche mazzate di purissimo Speed Metal in mezzo ai denti senza redenzione alcuna e zero variazioni al tema. E va bene così! A tre minuti dalla fine un vuoto e poi l’inaspettata ghost track: un infinito assolo killer sputato direttamente dagli anni Ottanta da parte di John Ricci – al momento non sono in possesso di elementi che mi inducano a pensare che non sia lui – dalle tinte, udite, udite, addirittura sorprendentemente vanhaleniane!
Death Machine mostra una band compatta, fottutamente quadrata nella Sua proposta reazionaria, se mai ci fosse stato motivo per ribadirlo. Insomma, i soliti vecchi, cari, coerenti Exciter, con una produzione purtroppo al di sotto delle attese e, per certi versi, castrante, che penalizza l’effetto della Macchina Della Morte.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
1. Death Machine
2. Dungeon Descendants
3. Razor In Your Back
4. Pray For Pain
5. Power and Domination
6. HellFire
7. Demented Prisoners
8. Slaughtered In Vain
9. Skull Breaker
Line-up:
John Ricci – Guitar
Rik Charron – Drums
Rob “Clammy” Cohen – Bass
Kenny Winter – Vocals