Recensione: Death on the Road
Dall’uscita del disco della reunion, quel Brave New World che personalmente continuo a preferire non poco all’ultimo Dance of Death, gli Iron Maiden hanno letteralmente invaso il mercato con 4 dvd (The Number of the Beast, Rock in Rio, Visions of the Beast e The Early Days), 3 best of dalle tracklist sempre più discutibili (17 Numbers by the Beast, Edward the Great e The Essential Iron Maiden), un box (Eddie’s Archive) e infine due live album: Rock in Rio e questo Death on the Road. Il tutto escludendo ep e singoli. Alla luce di tutto questo proliferare di uscite targate Vergine di Ferro, essere quantomeno scettici sulle ultime scelte commerciali di $teve Harris & Co è il minimo che si possa fare.
Possiamo definire Death on the Road un figlio minore del grande Rock In Rio. Il principio è lo stesso: due cd con i soliti classicissimi intervallati dagli estratti dell’ultimo album. Il problema è che l’opener Wildest Dreams non ha la metà dell’impatto di The Wicker Man, che i classici sono decimati (nel live brasiliano avevamo Sanctuary, Two Minutes To Midnight, una grande prova su The Clansman, The Evil That Men Do…) e che i pezzi di Dance of Death in sede live non hanno la carica e la resa dei cugini di Brave New World. Ecco dunque che il primo disco viene sorretto di peso dal trittico anacronistico Wrathchild – Can I Play with Madness – The Trooper, e che Brave New World splende più di Rainmaker e compagnia. Le cose vanno invece meglio nella seconda parte. No More Lies è uno dei pezzi di Dance of Death con più attitudine live, Journeyman è una ballata assai gradevole, Halloweed Be thy Name, Fear of the Dark, Iron Maiden, The Number of the Beast e Run to the Hills sono classicissimi che non hanno bisogno di presentazioni.
Veniamo alla prova del sestetto londinese. Dopo due decadi passate a scorazzare per i palchi di tutto il mondo, la professionalità e l’affiatamento non mancano. Se poi aggiungiamo una produzione ottima, capace di mettere in risalto il pubblico senza scadere nel pacchiano totale, musicalmente c’è davvero poco di cui lamentarsi. Bruce Dickinson se la cava bene, anche se la sua forma non è paragonabile a quanto sentito durante le date di The Early Days (a proposito, ecco un tour da cui fare un live!). Purtroppo però il singer inglese si limita a cantare ed è praticamente nullo come figura di intrattenitore: il live è un susseguirsi di registrazioni a cui manca un filo conduttore. Per sentire il singer inglese fuori dalle lyrics dei brani occorre aspettare lo “Scream for me Dortmund” che giunge prima di Iron Maiden, quart’ultimo pezzo del lotto. Dopo di che, niente più. Death on the Road appare quindi spoglio di tutti quei momenti che creano l’atmosfera live e che caratterizzano gli Iron Maiden da anni (pensate soltanto al siparietto della presentazione di Nicko McBrain). Davvero un peccato.
Dichiaratamente o meno ormai è chiaro: gli Iron Maiden intendono fare un live album ogni disco da studio. L’idea non è affatto male, la realizzazione invece sì. Un nice-price, la possibilità di scaricare il disco dal sito ufficiale, un cd bonus nel prossimo album da studio… questi sono modi di fare che vanno incontro ai fan, non 16 pezzi spalmati su un doppio live da 20 e passa euro. Non saranno certo gli introiti mancati di un nuovo live-album a precludere gli studi o il dentista della prole di Steve Harris.
Death on the Road è un live discreto che, vista la presenza dei meglio riusciti Live After Death, A Real/Dead Live One, Maiden Japan, Rock in Rio e compagnia, finisce per essere l’ultima ruota del carro nelle pubblicazioni dal vivo degli Iron Maiden, e quindi a essere consigliato esclusivamente a fan inguaribili con pretese di collezionismo.
Tracklist:
Disc 1
1. Wildest Dreams
2. Wrathchild
3. Can I Play with Madness
4. The Trooper
5. Dance of Death
6. Rainmaker
7. Brave New World
8. Paschendale
9. Lord of the Flies
Disc 2
1. No More Lies
2. Hallowed be thy Name
3. Fear of the Dark
4. Iron Maiden
5. Journeyman
6. The Number of the Beast
7. Run to the Hills
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini