Recensione: Death Siege
Ad essere sinceri, gli emiliani Hierophant erano finiti fuori dai miei radar per qualche tempo. Non tanto per una loro colpa, quanto piuttosto perché dalla release del loro precedente full-length Mass Grave del 2016 sono trascorsi parecchi anni e nel frattempo l’offerta black metal ha visto decuplicarsi le proposte, bombardando la redazione con centinaia di promo che spesso non riescono a godere del tempo utile per essere assimilati a dovere. Oggi, con mio colpevole ritardo, ma sfruttando le rigide temperature dell’inverno, mi accingo all’ascolto del ritorno di Tellarini e Gulminelli, dopo ben 6 anni dall’ultimo lavoro in studio. Death Siege, uscito nell’agosto 2022 è uno di quei dischi diretti e che non vanno per il sottile. L’assalto sonoro messo a segno dal combo italiano e cristallizzato dalle potenzialità offerte dal riconfermato accordo con gli specialisti della Season of Mist si articola lungo dieci brani (otto, escludendo la breve introduzione e l’intermezzo) che non si discostano dai canoni più tipici del genere, offrendo così a chi si aspetta velocità e una sezione ritmica estremamente martellante, esattamente ciò che vorrebbero.
La voce di Lorenzo Gulminelli si riconferma un punto di forza e sembra provenire da un abisso senza fondo e senza nome, il sound dal sapore analogico riesce poi a condensare quel gusto old school che spesso quasi sempre perso dalle one man band sempre più frequenti oggigiorno nel panorama black. Gli Hierophant mettono quindi a disposizione dell’ascoltatore ciò che sanno fare meglio: picchiare duro, pesante e soprattutto veloce, leggasi anche Seeds of Vengeance, Bloodbath Compendium e In Chaos, In Death. Death Siege prende a sassate in faccia dall’inizio alla fine e le rare occasioni (Nemesis Of Thy Mortals) in cui sembra concedere qualche attimo ai timpani, è solo per ripartire più accaniti di prima e abbeverarsi da un calderone bellico che rappresenta la vera essenza della band stessa.
Prima di ascoltare Death Siege non avevo idea di cosa aspettarmi. Certo pensavo di trovare una band pronta a calcare il sentiero intrapreso con i precedenti quattro album, ma avevo anche timore che un ritorno dopo 6 anni potesse aver fatto perdere per strada qualcosa in termini di ispirazione e soprattutto motivazione. La realtà è invece nettamente meglio di quanto potessi immaginare, con un gruppo ben più che compatto che suona un black metal tradizionale e che anche senza stupire con effetti speciali fa centro là dove è più importante e sempre meno scontato, ovvero portare l’ascoltatore al centro di un terremoto sonoro che non ha bisogno di ritornelli o strutture convenzionali, ma soltanto di pura e cieca violenza. Death Siege è in definitiva un ottimo disco, che saprà soddisfare sia coloro che ancora si inchinano di fronte ai poster di Bathory e Marduk, sia quelli che non hanno avuto la fortuna di vivere il periodo d’oro di un black metal che grazie agli Hierophant ottiene un giusto e sincero tributo (di sangue).