Recensione: Death Thy Lover [EP]
I Candlemass rappresentano un’autentica leggenda nella scena metal internazionale, i padri indiscussi dell’epic doom. Una band che, quasi inevitabilmente, crea una sorta di soggezione reverenziale ogniqualvolta ne venga citato il nome. Non potrebbe essere altrimenti per una formazione capace di scrivere capitoli immortali come il debutto Epicus Doomicus Metallicus e, soprattutto, Nightfall, autentico punto di rifermento per il genere.
Una carriera lunga quella dei Candlemass che, nel 2016, tocca il ragguardevole traguardo dei trent’anni di attività. Trent’anni durante i quali la band svedese ha sfornato dischi monumentali e, attraverso l’ispirata penna del mastermind Leif Edling, è stata in grado di trasporre in musica le varie tonalità che vanno a comporre il lato oscuro dell’animo umano. Colori espressi da dischi curati al dettaglio per metter in risalto le personalità e voci che, nel corso degli anni, si sono susseguite al microfono del quintetto di Stoccolma. Basti pensare che, oltre ai due seminali lavori citati in precedenza, l’act svedese è stato in grado di sfornare album come Chapter VI o Dactylis Glomerata, rispettivamente con alla voce il talentuoso e teatrale Thomas Vikström ed il valido Björn Flodkvist. Senza dimenticare gli anni recenti con l’ottimo Psalm of the Dead, pubblicato nel 2012, con Robert Lowe dei Solitude Aeturnus.
Proprio il 2012 risulta un anno fondamentale nella storia e carriera dei Candlemass. Edling annuncia che Psalm of the Dead sarà l’ultimo full length della band e, a causa di perfomance live che non riescono a riproporre quanto messo in mostra su disco, Lowe viene invitato a lasciare la band. I Candlemass continuano così la loro attività on the road con un nuovo cantante che non ha bisogno di presentazioni: stiamo parlando di Mats Levén, uno dei singer più quotati degli ultimi anni, capace di tramutare in oro qualsiasi lavoro a cui presti la propria ugola, nonché autore di esibizioni strabilianti sul palco, sia per resa vocale che per presenza scenica. Con Levén alla voce la band capitanata da Edling (i due avevano già collaborato nei Krux) diventa una macchina live perfetta, una compagine in grado di trasmettere emozioni forti, assoggettando al proprio verbo, concerto dopo concerto, i fan presenti ai loro show. Chi ha avuto la fortuna di vedere i Candlemass in azione in questi ultimi anni sa a cosa ci stiamo riferendo.
Proprio questa energia trasmessa in sede live, frutto di un amalgama perfetto finalmente trovato dal quintetto svedese, ha inevitabilmente fatto sperare in un nuovo disco dei Candlemass. Inutile dire come tutto dipenda dalla volontà di Edling, autentico mastermind della band impegnato anche nell’avventura Avatarium.
Così, traendo ispirazione dal testo di Black As Time, il tempo scorre inesorabile e, a fronte del sempre maggior successo riscosso dagli Avatarium, il sogno di avere del nuovo materiale inedito griffato Candlemass, da solida speranza, è diventato sempre più un lontano miraggio. Fino a oggi, fino al 2016, anno in cui la band svedese festeggia il proprio trentesimo compleanno. E quale modo migliore per festeggiarlo se non con delle nuove canzoni? Eccoci quindi al cospetto di Death Thy Lover, nuovo EP della band di Stoccolma.
Diciamolo subito e senza mezzi termini, con Death Thy Lover, se ce ne fosse ancora bisogno, i Candlemass mettono nuovamente in chiaro come l’appellativo di Masters of Doom spetti loro di diritto. L’EP, composto da quattro tracce di cui una strumentale, gira ad altissimi livelli, mettendo in mostra un songwriting ispiratissimo, dimostrando come la penna di Edling sia ancora calda e ricca di idee. Le composizioni di Death Thy Lover suonano Candlemass al cento per cento anche se, pur essendo in linea con gli ultimi lavori della band svedese, fanno capolino delle armonizzazioni e melodie che riportano alla mente gli Avatarium, aprendo a nuove interessanti evoluzioni future se mai ve ne sarà possibilità. Assumono quindi un significato importante, una sorta di ponte di collegamento tra le due creature capitanate dal geniale bassista.
Come da tradizione Candlemass i brani si ergono attorno a un guitarwork maniacale, in grado di risultare contemporaneamente cupo, pesante, a tratti ossessivo, carico di melodie destabilizzanti (passatemi il termine), dotato di quel feeling contemporaneo che lascia però sul palato un retrogusto old school. Il tutto sapientemente interpretato da una coppia d’asce – Björkman e Johansson – che si rivela, una volta in più, di prim’ordine tra i rappresentanti del genere. A coadiuvare l’ottimo lavoro svolto dalle chitarre ci pensa una sezione ritmica che ha fatto la storia del doom, una sezione ritmica in grado di donare la corretta dinamica alle varie canzoni grazie a soluzioni ricercate e mai banali, enfatizzando le atmosfere espresse dal duo Björkman/Johansson. Un tappeto sonoro articolato che sembra tagliato su misura per l’ugola di Levén, in modo da poterne sfruttare a pieno la duttilità vocale e, allo stesso tempo, permettere al dotato singer di vivere i colori che escono dalle singole tracce, puntando sulla teatralità, spaziando in tutto il proprio spettro.
Ma più delle parole spetta alla musica parlare, descriversi. Basta quindi inserire il disco nello stereo e premere il tasto play per comprendere quanto sia riuscito questo nuovo Death Thy Lover. Tocca alla title track aprire le danze. La canzone è già nota in quanto insignita del ruolo di singolo apripista dell’EP e si rivela la traccia più varia e articolata del lotto, alternando continui cambi d’atmosfera composti da fraseggi più diretti, parti classicamente doom in piena scuola Candlemass, a un ritornello melodico e immediato e, come detto in precedenza, l’inserimento di alcuni elementi che riportano alla mente gli Avatarium. Da segnalare inoltre lo splendido assolo di chiaro stampo settantiano che si impadronisce della scena verso metà canzone. Tocca poi a Sleeping Giant, traccia che sembra uscire direttamente da Psalm of the Dead, in cui Mats Levén si rivela autentico mattatore, mettendo in mostra tutta la teatralità e la tecnica di cui è dotato. Con Sinister n Sweet ci imbattiamo in una track dal doppio flavour: parti arpeggiate che richiamano da vicino nuovamente gli Avatarium e altre che rimandano ai Candlemass degli ultimi full length. Inutile sottolineare come, anche in questa song, Levén risulti praticamente perfetto. Death Thy Lover si chiude con la strumentale The Goose, oltre sei minuti di doom come deve essere fatto, track che nel proprio animo ospita quelle sensazioni, quei sentimenti che la band di Edling ha ben dispensato in un disco come Nightfall.
Certo, ci troviamo al cospetto di un EP composto da quattro tracce, forse un po’ poco per gridare all’ennesimo miracolo ma Death Thy Lover, come ampiamente sottolineato, evidenzia quanto i Candlemass abbiano ancora da dire. Un nuovo full length dovrebbe essere la normale e logica conseguenza. Come detto in fase di analisi, però, tutto dipenderà dalla volontà di Edling e, soprattutto, dalle sue condizioni di salute, che al momento lo stanno frenando e non poco. Che significato dare quindi a Death Thy Lover? Proviamo a rispondere a questa domanda attraverso una metafora. Immaginiamo un vulcano, temuto, rispettato, a volte venerato dalle popolazioni che vi abitano attorno. Un vulcano che nel corso della propria esistenza ha generato delle eruzioni che hanno segnato la vita, la storia di un’area. Dopo un periodo di quiescenza, si risveglia con un’intensa ma breve esplosione, come a voler dire “sono ancora qui, pronto a fare nuovamente la storia, non dimenticatevelo”.
Marco Donè