Recensione: Deathanity

Di Riccardo Angelini - 10 Settembre 2008 - 0:00
Deathanity
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Anno: 2008
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65

Poteva essere la sorpresa dell’anno, ma alla fine è soltanto un buon esordio. Sarà stata forse la foga di dimostrare tutto e subito a soffocare l’esplosione degli Odin’s Court, promettente quintetto a stelle e strisce con due full-length e un EP autoprodotti, messo sotto contratto dalla sempre vigile ProgRock Records. Le qualità ci sono – bagaglio tecnico ragguardevole, intraprendenza compositiva, una personalità non comune per una matricola – ma alla fine la foga di fare e strafare ha paradossalmente tarpato le ali della band, trasformando di fatto questo ‘Deathanity’ in una piccola incompiuta.

Carne al fuoco ce n’è tanta, pure troppa. Esagerano da subito, gli Odin’s Court, e lo fanno impiegando la massima potenza di fuoco del loro arsenale. Fin dai primi brani esibiscono le loro virtù strumentali, lanciandosi attraverso composizioni serpeggianti, irte di dislivelli ritmici, ricche di escursioni soliste. L’idea è quella di coniugare la coralità del genuino progressive rock con un heavy/epic massiccio e potente, traendo sovente ispirazione dal techno-prog degli Zero Hour e della compagine americana. Il risultato è una tracklist densa e sulle prime decisamente ostica, che se da un lato fruisce di momenti decisamente ispirati – la sezione centrale di ‘Volatilestial’ offre alcuni fraseggi impressionanti – dall’altro non riesce a valorizzare i singoli titoli, cosicché l’ascoltatore si trova ben presto smarrito in una selva di brani in cui non è ben chiaro dove finisca un percorso e ne inizi un altro. Sembra in effetti che a dispetto degli intenti la componente progressive, soprattutto nella sua accezione tecnica, finisca nella maggior parte dei casi per avere la meglio su quella epica, checché ne dica il bellicoso monicker. Non giova a tal riguardo una produzione quasi amatoriale, che potrebbe essere accettabile in un demo ma che di questi tempi non ci si aspetterebbe di trovare su un’uscita ufficiale. Peccato, perché le qualità dei solisti avrebbero meritato ben altro trattamento – almeno per quanto riguarda gli strumenti. Non si può dire infatti che il frontman Matt Brookins raggiunga con microfono gli stessi risultati che ottiene con le sei corde. La sua prova vocale, per quanto priva di evidenti sbavature, suona poco incisiva, e non pare un caso se le sezioni strumentali tendono a fare la parte del leone. Né pare un caso che le collaborazioni di due ospiti d’eccezione come Tom S. Englund (Evergrey) e Tony Kakko (Sonata Arctica), al lavoro rispettivamente su ‘Mammonific’ e ‘Crownet’, elevino i due brani in questione nel novero dei meglio riusciti (e dei più riconoscibili) di tutta la scaletta.

Permane fino alla fine un senso di incompiutezza, simile a quello che si prova nella lettura di un libro carico di suspance, ma che sembra non giungere mai al capitolo decisivo. Nenche l’eloquente ‘Ode To Joy’ riesce a proporre una interpretazione convincente di Beethoven, limitandosi all’ennesimo riarrangiamento in chiave rock/metal incapace di fare realmente proprio l’originale classico. Tanto maggiore è il rammarico per l’occasione sprecata quando nel finale ci si trova davanti una ‘Vastificant’ che esprime al meglio le idee che avrebbero potuto (e dovuto) fungere da guida all’intero album: estrosa, avvolgente, concisa – in una parola: brillante – col valore aggiunto di un sax che da vero protagonista conduce i giochi esaltando quelle atmosfere jazz che già aveva tentato, non sempre con successo, di portare nei brani in cui già aveva fatto la sua comparsa.

Fuochi d’artificio, insomma, ma in sostanza si rimane con un pugno di scintille. ‘Deathanity’ è un disco che aveva le potenzialità per lasciare un segno, ma che ha troppa fretta di stupire, cosicché finisce per smarrirsi in un coacervo frammentario di sezioni intriganti, persino eccellenti se considerate isolatamente, ma prive di coesione. Mancano insomma le canzoni, mentre resta un album ostico e complesso, che certo saprà allettare gli appassionati di sonorità colte ma che difficilmente potrà persuadere l’ascoltatore occasionale ad avvicinarsi. Tuttavia questo è solo l’inizio per gli Odin’s Court: di talento ce n’è in abbondanza, ora si tratta di concretizzare.

Riccardo Angelini

1. Terracide
2. Volatilestial
3. Manifest Destiny
5. Oceanica Toxica
5. Mammonific
6. Animaulic
7. Esoterica
8. Crownet
9. Obesite
10. Ode to Joy
11. Cosmosera
12. Vastificant

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Genere:
Anno: 2008
65