Recensione: Death’s Embrace

Di Marco Catarzi - 29 Ottobre 2021 - 23:20
Death’s Embrace
Band: Malison
Genere: Heavy  Speed 
Anno: 2021
Nazione:
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72

Nato nel 2014 e con all’attivo un EP (Impulses) e un omonimo debut, il giovane quartetto di San Diego arriva con Death’s Embrace alla seconda prova sulla lunga distanza. Quando entriamo in territori NWOTHM aleggia spesso il rischio di mera emulazione, per fortuna non è il caso dei Malison che, mantenendosi su lidi “tradizionali”, fanno un ulteriore passo avanti rispetto alle prime releases, dando voce al loro modo di interpretare la materia metal.

La comune base heavy-speed ha infatti un differente sviluppo lungo le otto tracce. Se da un lato alcuni brani a tutta velocità rimandano ai Dragonforce in versione ruvida, diretta e priva di fronzoli barocchi (l’opener Reborn e la conclusiva Armata), altrove troviamo riff sporcati di thrash e maggiore aggressività (M.A.D. e Absent Earth) pur sempre nel contesto di uno speed dai tratti melodici. In Lifehunt emerge addirittura un’anima thrash-hardcore che ricorda i tedeschi The Prophecy²³, piegando le melodie su moduli sincopati a livello vocale e strumentale.

Le ritmiche sono serrate e nelle impetuose strofe e parti soliste l’approccio shred alle sei corde di Mario Lovio e Eddie Spade non sfocia mai nel puro tecnicismo, mantenendo costanti momenti di pathos. Il cantante/bassista Steven Rondina si muove su toni medio-alti e, senza strafare, adotta linee vocali in armonia con i vari pezzi, sia nei momenti tirati sia in quelli aperti.

La capacità di sviluppare la melodia portante di ogni canzone per tutta la sua durata caratterizza l’intero platter. Oltre al gran lavoro dei due chitarristi, è degna di nota la prova della sezione ritmica, con la batteria di Nick Mafi che sostiene anche i brani in cui la matrice speed tout court lascia spazio a intermezzi sognanti, refrain coinvolgenti, trame ricche di incroci strumentali (la title-track e Oblivion), e dove la personalità del gruppo californiano emerge maggiormente.

L’heavy metal irruente e melodico dei Malison risulta convincente nelle sue “variazioni” e, pur non inventando niente, dona a Death’s Embrace il pregio di farsi ascoltare più volte.

In anni di riscoperta delle radici di un genere, gli act che reinterpretano dall’interno un discorso di metal tradizionale trovano spesso maggior credibilità poggiando la propria proposta su basi solide. Che si tratti del doom per gli Spirit Adrift, dell’hard rock melodico per gli Haunt o, spingendoci oltre confini prestabiliti, del dark-goth rock nel caso degli Unto Others/Idle Hands.

Ormai in ogni ambito metal la concorrenza è ampia e agguerrita, ma se i Malison riusciranno a mettere a fuoco le loro idee allora le possibilità di ulteriori miglioramenti saranno concrete.

Bandcamp: Malison

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