Recensione: Deathtrip 69
Fra i (semi)infiniti sottogeneri metal ce n’è uno poco conosciuto che fonda le radici sin nell’ormai lontano 1983: l’horror metal, che unisce i temi cari alla cinematografia horror/splatter/gore alle sonorità del metallo massimo. Gli inventori? A detta loro, gli statunitensi Necrophagia che, nel 1987, proposero il full-length “Season Of The Dead”, rozza espressione di thrash metal già avviata verso l’embrionale ma più robusto death metal.
Nemmeno il tempo di dare alle stampe il secondo lavoro (“Ready For Death”, 1990), che la band si scioglie per riunirsi nel 1997, giusto per realizzare il terzo album: “Holocausto De La Morte” (1998). Dopo altre due opere (“The Divine Art Of Torture”, 2003; “Harvest Ritual Vol. 1: Penance”, 2005) rappresentativi di una carriera discontinua ma feconda di manufatti audiovisivi (demo, EP, CD, DVD, VHS, compilation, split, live album, boxed set), nel 2010 l’unico membro fondatore sopravvissuto, il cantante Killjoy, mette assieme una formazione nuova di zecca per costruire il sesto e sin’ora ultimo album in studio dei Necrophagia: “Deathtrip 69”.
“Deathtrip 69”, ci vuole poco per scoprirlo, tenta disperatamente di attualizzare un sound grezzo e dannatamente involuto che giunge direttamente da quegli anni in cui il Pianeta era ancora sommerso dal brodo primordiale proto-black/thrash cui si dibattevano, per esempio, i nostrani Necrodeath. Con l’unica diversità individuabile nei temi che, invece di rimandare alla solita negromanzia, si rifacevano al cinema horror dell’epoca. Fatto in cui, forse, davvero i Necrophagia furono i primi, ma non gli unici (“Tales Of Terror”, Hallows Eve, 1985). Come, similmente, non era certo né unico né originale lo stile musicale, in via di definizione verso il death ma abbondantemente sviscerato da band come i già citati Necrodeath, gli Hellhammer, i Possessed.
L’intento di portare nel 2011 un sound così vecchio, tuttavia, pare essere riuscito con efficacia. Prendete il CD, mettetelo nel vostro lettore e alzate il volume: un’abbondante secchiata di carne fresca mista a frattaglie putrefatte vi farà sobbalzare dalla sedia! Metafora muscolare a parte, il death selvaggio di “Deathtrip 69” è reso in maniera più che buona, grazie al budget messo a disposizione dalla Season Of Mist; regalando ai palati ruvidi ed eternamente affamati dei carnivori una decina di canzoni dall’irresistibile suono vintage.
I Necrophagia, poi, non saranno dei maestri di tecnica strumentale, ma anche lo fossero, dimenticano tutto ciò che fa rima con ‘classe’, buttando giù una tonnellata di note di aggressività ‘ignorante’. Un death brutale e cattivo. Un death così elementare da essere disarmante, se rapportato agli attuali standard del genere (una sorta di ‘Cephalic Carnage al contrario’, insomma), ma terribilmente gustoso e perfettamente… al sangue. Nel platter si trova tutto ciò che serve allo scopo: voce gutturale da ugola malata, semplici riff sventra-budella, drumming da ABC della batteria, basso che itera la nota dell’accordo di chitarra o poco più. Non siamo al livello della prima creatura di Tom. G. Warrior, in quanto a esecuzione, ma poco ci manca.
Tuttavia, incredibilmente, il tutto si accorda e si salda a sé sì da generare un sound così grossolano da trovare pochi riscontri nel panorama death odierno. L’impatto acustico prodotto dal cozzo degli strumenti di Boris Randall e compagni è poderoso, dotato di buona continuità energetica e stilistica anche se a volte è spezzato da ballate country (sic!) come la conclusiva “Death Valley 69” o da inserti ambient, chiaramente, da film horror. Presente ovunque il thrash (“Naturan Demonto”, “Beast With Feral Claws”) a dimostrare la tipologia del retroterra culturale del folle cantore Killjoy, per segnare un sound pieno d’improvvise, brucianti accelerazioni death (“Deathtrip 69”, “Suffering Comes In Sixes”) o hardcore (“Kyra”). L’horror metal nella sua accezione più vera del termine compare a tratti (“Tomb With A View”, “A Funeral For Solange”, “Trick R’ Treat (The Last Halloween)”) ottenendo l’obiettivo dichiarato di riuscire a ottenere una musica perfetta, per i suoi toni, a sostenere qualsiasi pellicola splatter/gore.
Nel terzo millennio, ove impazza la corsa delle death band verso il raggiungimento del massimo limite tecnico/artistico possibile, qualcuno si ferma. Anzi, arretra. Sono i Necrophagia che, con il loro “Deathtrip 69”, dimostrano che la musica è, anche, divertimento. Non c’è nulla, credo che l’abbiate ormai capito, da far gridare al miracolo, qui, però i Nostri il loro sporco lavoro lo sanno fare bene.
Eccome.
Daniele “dani66” D’Adamo
Discutine sul forum nel topic relativo!
Track-list:
1. Naturan Demonto 4:15
2. Beast With Feral Claws 3:59
3. Tomb With A View 4:41
4. Suffering Comes In Sixes 4:36
5. A Funeral For Solange 3:35
6. Kyra 2:53
7. Bleeding Eyes Of The Eternally Damned 5:32
8. Trick R’ Treat (The Last Halloween) 4:17
9. Deathtrip 69 5:34
10. Death Valley 69 2:37
All tracks 41 min. ca.
Line-up:
Killjoy – Vocals
Boris Randall – Guitar
Damien Mathews – Bass
Shawn Slusarek – Drums
Guest:
Casey Chaos (Amen)
Maniac (Skitliv, Mayhem)