Recensione: Decade At War
Dopo una pausa durata più di vent’anni rivediamo all’opera i Furious Trauma, gruppo nato alla fine degli anni ’80 in Danimarca a Copenhagen. La discografia della band, piuttosto ristretta, appare caratterizzata da una discreta poliedricità, tanto da far pensare che il combo danese si sia impegnato a non individuare in nessun caso un equilibrio costante nello stile musicale, talvolta eclettico e fuori del comune, talvolta a dir poco derivativo. La storia dei Furious Trauma, oltre ad essere interessante per i numerosi spunti che offre, può aiutare a comprendere meglio l’album oggetto di questa recensione. I Nostri iniziano la loro carriera pubblicando un paio di demo tra il 1988 e il 1990, per poi dare alla luce nel 1992 il primo full-length “Primal Touch”. Influenzato tanto dal Thrash Metal californiano quanto dalle derive groove che si andavano sempre più affermando in quegli anni, il disco dimostra un certo coraggio nelle scelte operate dai thrashers danesi. Si rimane colpiti dalla trattazione di tematiche scomode come la pedofilia o contemporanee come la moderna schiavitù generata dalle sempre peggiori condizioni lavorative, mentre l’immagine di copertina ci mostra uno dei rarissimi nudi integrali maschili nella storia dell’iconografia della Popular Music: l’immagine ritrae un uomo nudo che si copre il volto con un teschio umano, seduto in un cimitero di fianco a una lapide ornata da caratteri ebraici. Il desiderio di provocazione espresso da questi elementi va di pari passo con una certa disinvoltura nella selezione delle citazioni musicali: il sesto brano di “Primal Touch”,”“Ridin’ with Sioux”, è una curiosa e allegra versione Thrash di “Apache” dei The Shadows, mentre ancora più disinvolto è il riff portante del terzo brano, “Kick Ass”, la cui somiglianza col riff del brano “Slave To The Grind” degli Skid Row, uscito un anno prima, fa nascere qualche perplessità. Il successivo album “Eclipse”, datato 1995, si sposta quasi completamente verso il groove e risulta più curato e personale rispetto al disco di esordio; segue, un anno dopo, l’EP “Strange Ways”, in cui l’unico brano inedito “Way To Perfection” viene accompagnato da alcune riproposizioni di brani presi dai dischi precedenti e da un paio di cover. Alcune tracce arrivano da “Eclipse”, mentre la canzone “Born Of The Flag”, estratta da “Primal Touch”, verrà ripresa anche in “Decade At War”. Degna di nota la selezione delle cover: troviamo l’inaspettata “Strange Ways”, pescata da “Hotter Than Hell” dei Kiss ed eletta a title track dell’EP, e “The Challenge”, prima traccia del secondo album dei connazionali Artillery, “Terror Squad”, uscito nel 1987 e tuttora indimenticato sia per la buona qualità della proposta musicale che per il famigerato e imbarazzante artwork in copertina. Vale la pena segnalare come L’EP “Strange Ways”, nella sua versione fisica, trovi una chiave per l’immortalità nella sua natura di prodotto multimediale: il sito web ufficiale del gruppo ci svela che si tratta del primo CD-ROM interattivo dato alle stampe nella storia della musica, contenente, oltre ai brani audio, 2 videoclip e una video intervista alla band. Le danze dei Furious Trauma proseguono, è proprio il caso di dirlo, con l’imprevedibile “Roll The Dice” del 1999, situato a metà strada tra il groove e il southern rock, in un misto di sonorità sdoganate a fine anni ’90 principalmente dai compianti Pantera; lo sporadico inserimento di percussioni tribali, accompagnamenti di pianoforte e brevi parti dal sapore Jazz sancisce il bisogno fisiologico da parte dei Furious Trauma di stupire gli ascoltatori, lasciati a bocca asciutta dal quartetto danese fino al 27 Novembre 2020, data di pubblicazione di “Decade At War”. L’album giunge dopo alcuni corsi e ricorsi nella formazione, il cui unico punto fermo è rappresentato da Lars Schmidt, presente in tutti i lavori della band.
Oltre ad alcune occasionali sostituzioni degli addetti alle asce merita un accenno il batterista Brian Andersen: accreditato nelle prime tre pubblicazioni, viene reintegrato in “Decade At War” per condurre la musica del gruppo verso un Thrash aggressivo e viscerale, arricchito da forti influenze Death. FURIOUS TRAUMA IS BACK TO THRASH, recita il sito web ufficiale: si respira la storia del Thrash Metal fin dalla copertina del disco, raffigurante un cimitero di guerra osservato da un punto di vista diverso rispetto all’iconico artwork di “Master of Puppets” dei Metallica. Le croci di legno di “Decade At War”, ormai vecchie e degradate, hanno lo scopo di evocare un conflitto che si trascina da molti anni, sottolineando così ciò che ci suggerisce il titolo del disco. La prima traccia, la strumentale “Prelude To War”, contribuisce a rafforzare il legame iniziale col capolavoro dei Metallica, essendo strutturata in modo molto simile al primo leggendario minuto dell’introduttiva “Battery”. L’ombra protettiva di Hetfield & Co. si ferma qui: proseguendo con l’ascolto dell’album incontriamo la robusta e feroce title track, un brano tiratissimo che permette di individuare la principale fonte d’ispirazione per i Furious Trauma del 2020. Il verdetto è il medesimo, a prescindere che si inizi l’ascolto dalla title track o dalla dodicesima e penultima “We Are Furious”: ci si trova di fronte a brani che rimandano immediatamente alla dura lezione impartita dai Testament nel quinquennio 1994/1999. Quest’impressione generale viene convalidata soprattutto dalla voce di Lars Schmidt, capace di evocare Chuck Billy tanto nel growl quanto nello scream, e viene ulteriormente confermata da tracce come “Heroes To Hail”, “Hooligan” e “Plague Of The New World”, in cui i riff e gli assoli di chitarra sembrano uscire direttamente da “Low” del 1994. A loro volta “Ultimate Divine”, “The Cartoon” e la già citata “We Are Furious” prendono vigorosamente a randellate le nostre orecchie con una violenza degna di essere avvicinata allo storico “The Gathering”. Per amor di precisione segnalo che nel brano “Hooligan” i Furious Trauma, come già era successo nel primo disco, si lanciano in una citazione forse troppo esplicita: è impossibile ignorare la presenza di un riff che omaggia con una certa sfacciataggine la popolarissima “The Beautiful People” di Marylin Manson. Si rafforza a questo punto il sospetto che il nuovo lavoro dei Furious Trauma non brilli per originalità…al di là dell’omaggio al Reverendo Manson, parecchi brani del disco sembrano davvero essere stati scritti e suonati dai Testament di fine anni ’90. Nulla di male in questo, sia chiaro: la pesantezza dei suoni e l’aggressività dei brani più rabbiosi soddisfano appieno la nostra voglia di brutalità, ma i Furious Trauma hanno bisogno di trasmettere alla loro musica una maggiore personalità, come accade nei brani “Comin’ Home” e “War Of The Gods”, capaci di suscitare maggior interesse nell’ascoltatore proprio perchè si discostano dal sentiero tracciato dai Testament. “War of the Gods” rivela inaspettatamente un’anima più Heavy rispetto agli altri brani di “Decade At War”, mentre in “Comin’ Home” i Nostri rallentano i BPM concedendo maggiore spazio alla melodia, controbilanciata dallo scream del cantante che in questa sede appare decisamente a suo agio. Il brano, mosca bianca di un platter dedicato quasi esclusivamente al rilancio di sonorità Thrash anni ’90, risulta essere nella sua eccezionalità uno dei più riusciti di tutto il lotto. E’ una traccia piuttosto lunga, una sorta di semi-ballad che in 9 minuti riesce a proporre armonie accattivanti e a parlare efficacemente dei soldati di ritorno dai teatri di guerra, vittoriosi in missione ma vittime di una società incapace di comprendere l’inferno che hanno appena abbandonato.
Il tema preponderante che emerge dai testi dei brani infatti è la guerra, la cui estrema negatività spinge i Furious Trauma a colpire con la loro critica altre manifestazioni dell’oscurità dell’animo umano: “Plague Of The New World”, parlando di totalitarismo, chiama in causa nemmeno troppo velatamente l’imperialismo americano, mentre “Ultimate Divine” e “Lex Talionis” disapprovano lo sfruttamento della religione come strumento di oppressione. Non manca una riflessione più concreta e sicuramente condivisibile: “Damage Done” insulta esplicitamente chi, credendosi immortale, pensa di sfuggire al Destino mettendosi alla guida dopo l’assunzione di un’esagerata dose di alcolici e/o stupefacenti, rischiando la propria vita e quella di chissà quante altre persone. Il compito di allentare la tensione viene infine delegato alle ultime due tracce inedite dell’album, una doppietta che i Manowar apprezzerebbero sicuramente: con “We Are Furious” e “We Salute You” i Furious Trauma celebrano il loro ruolo di metallari incalliti e mostrano il loro rispetto ai fans, molti dei quali si accorgeranno che il brano “We Salute You” cita ampiamente gli AC/DC di “For Those About To Rock (We Salute You)”, non solo nel titolo ma anche nella sequenza finale di cori e colpi di cannone. A chiusura del disco vengono poste le ri-registrazioni delle onnipresenti “Born Of The Flag” e “Chaos Within”, entrambe riciclate nell’EP “Strange Ways”. Oltre alla già citata “War of the Gods”, anche “Chaos Within” sembra tradire la presenza di una base Heavy che sarebbe interessante sentire rielaborata in un nuovo disco, sempre che i Furious Trauma decidano una volta per tutte quale strada seguire. La presenza di evidenti capacità tecniche e l’abbondanza di esperienza e attitudine fanno sperare in un roseo futuro per la band danese, che promette di arrivare a livelli qualitativi ben più elevati non appena si libererà dalle soluzioni più derivative e dall’esigenza di spargere qua e là citazioni un po’ troppo spudorate. Nonostante la scarsa originalità possiamo comunque goderci gli assalti sonori di “Decade At War” grazie alla cristallina produzione affidata a Tue Madsen, già all’opera con artisti di indubbio spessore come Sick Of It All, Meshuggah, The Haunted e Behemoth. Le premesse insomma ci sono tutte: rimaniamo in attesa di sviluppi positivi, fiduciosi che i Furious Trauma non ci deluderanno. Buon ascolto a tutti!