Recensione: December
I marchigiani Ibridoma rappresentano, nell’ambito delle band italiane contemporanee, una delle realtà più determinate nel percorrere – con appassionata tenacia – i sentieri dell’hard’n’heavy più fiero e risoluto. A tale orgogliosa determinazione corrisponde anche un costante livello di qualità della loro proposta artistica, accompagnata da una sempre maggiore attenzione alla produzione e, negli ultimi tempi, alla diversificazione del songwriting.
Dopo tre full-length ben accolti dalla critica, ed a distanza di due anni dal precedente Goodbye Nation, i cinque musicisti tornano a sollecitare i timpani degli appassionati di metal con un nuovo platter, dal titolo “December”.
Ancora una volta, gli Ibridoma non mancano di esibire ospiti di lusso tra le proprie fila. Se nel precedente album, difatti, erano presenti come guest stars Fabio Lione (Rhapsody of Fire), Paolo Ojetti (Infernal Poetry) e Ralf Scheepers (Primal Fear), qui gli Ibridoma si conquistano l’onore della presenza di Paul Di’Anno e Blaze Bayley (entrambi, ça va sans dire, ex Iron Maiden) in un paio di brani.
Cominciamo proprio da qui: I’m a Bully (featuring Paul Di’Anno) è una traccia (tra le migliori del lotto) non troppo veloce ma cattiva quanto basta e contrassegnata da fiammeggianti schegge thrash e dal dinamico intreccio delle voci (una – quella di Christian Bartolacci – più incline alla melodia, l’altra – quella del celebre ospite- più prepotente e aggressiva).
La canzone con Blaze Bayley, intitolata Land of Flames, è trafitta da riff cadenzati e scorticati che sono la colonna vertebrale di un brano nervoso ed epico, in cui le voci s’intrecciano disegnando un tessuto ora teso ora tenebroso.
Ma al di là dell’indiscutibile appeal delle “ospitate”, quasi tutti i brani sono in grado di soddisfare il gusto di chi ama un heavy senza fronzoli, legato alle più classiche influenze anglo-americane pur non lesinando climi più contemporanei ed ombrosi, con la valorosa voce del citato Christian Bartolacci che delinea melodie che si fanno spazio tra i muri di chitarre di Marco Vitali e Sebastiano Ciccalè.Ne è un modello la gradevole December, traccia cadenzata con chorus ed assoli decisamente melodici che si fanno largo tra i geyser sonori eretti dalle asce.
Ma ancora più esemplari dello stile e del talento della band si palesano Change Me (in cui basso e batteria – insieme alle chitarre – guidano l’assalto acustico all’ascoltatore), Cover My Blood (contraddistinta da cambi di ritmo su velocità sempre sostenute, da sei-corde che macinano lick e ritmi scorticati, e dal canto sempre arioso), e l’iniziale Sniper (dai riff quasi thrash e dalla voce che si inerpica lungo sentieri melodici).
Particolare ed interessante risulta, inoltre, I Don’t Like, la quale alterna ritmi più sostenuti a spazi più distesi ma anche brevi cavalcate strumentali, in un contesto che si mantiene sempre alquanto terso.
Da qualche parte, forse, il tono ombroso rende qualche traccia un pò prolissa, ma si tratta di peccati veniali di un’opera, questo December, in cui gli Ibridoma si confermano ancora una volta come abili artigiani nell’ imbastire un metal classico a cui si aggiungono echi thrash e di heavy rock contemporaneo. E dimostrano, pur restando nello stesso ambito sonoro di sempre, una costante crescita di maturità nella costruzione del loro suono e delle loro canzoni.
Francesco Maraglino