Recensione: Dechristianize
Ci voleva: questa è la frase che mi sento di esclamare ascoltando il nuovo disco dei Vital Remains, band che già in passato aveva fatto buone cose ma che riesce con Dechristianize a emergere del tutto, rendendosi responsabile di uno dei dischi dell’anno in campo brutal death.
Credete che stia esagerando? Assolutamente no, mi spiace.
L’album è stato protagonista, negli scorsi mesi, di una grande battage pubblicitario dovuto perlopiù al fatto che su di esso comparisse, in qualità di voce solista, il famigerato leader dei Deicide, mr. Glenn Benton, che pare non essere più in grande sintonia con la sua band principale, se vogliamo prestare attenzione ai vari metal gossips che circolano sulla stampa specializzata. E sinceramente la cosa non mi dispiace più di tanto se, abbandonati per un attimo gli scialbi ultimi album di quel gruppo, il “buon” Benton si dà a dischi così ispirati, feroci ed allo stesso tempo dinamici, al livello dei grandi capolavori del death USA.
Dechristianize è un album del tutto maturo, completo e ricco di influenze: i Vital Remains, statunitensi loro stessi, avevano già fatto vedere di che pasta fossero fatti col precedente album Dawn of the Apocalypse, ottimo esempio di brutal americano con diverse influenze europee; ora con Dechristianize non fanno che portare il tutto all’ennesima potenza, ampliando le soluzioni melodiche quando presenti ed incattivendo ancor di più le già notevoli sezioni grindeggianti…
Solo i 10 minuti iniziali del disco, se ascoltati en passant, vi porteranno a comprarlo immediatamente: un’intro spettacolare, banale per contenuti concettuali (di nuovo una derisione della morale cristiana) ma maestosa se guardiamo alla parte sonora; i Carmina Burana di Orff si fondono al sampling della convocazione di Cristo di fronte al Sinedrio… il tutto va a saldarsi con la title-track, una delle più belle tracce death metal composte negli ultimi 5 anni: una partenza sparata a mille, con il polistrumentista Dave Suzuki a fare numeri da circo dietro alle pelli, porta poi ad uno stacco melodico davvero sorprendente, arioso, ma che dona ancora più impatto alla canzone stessa. Il finale è di nuovo una ripresa di questa tematica, e gli 8 minuti abbondanti della traccia scorrono come se nulla fosse, stupendoci di secondo in secondo.
Tra le altre composizioni presenti un effetto simile lo suscita anche la quinta Savior To None… Failure For All, un pezzo dove le influenze swedish debordano letteralmente: un qualcosa capitato a più di un gruppo, ultimamente (vedi gli Aborted), ma che dimostra ancora una volta come le varie scene, con le rispettive caratteristiche formatesi negli anni, si stiano lentamente fondendo per superarsi qualitativamente… e non mi posso certo lamentare della cosa!
Il disco non presenta nessuna caduta di tono, e pur non rappresentando nulla di nuovo, visto anche il genere proposto, si può tranquillamente candidare come disco death metal dell’anno: una produzione sostanzialmente perfetta ed il grande lavoro vocale di Benton non possono che aumentare i punti della release; in particolare posso dire che fnalmente la partecipazione di un personaggio “storico” della scena metal al disco di un gruppo meno conosciuto non è finalmente solo un espediente per vendere qualcosa in più, ma risulta determinante per le caratteristiche dell’album stesso.
Un acquisto obbligato per tutti i deathsters!
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. Let The Killing Begin
2. Dechristianize
3. Infidel
4. Devoured Elysium
5. Savior To None…Failure For All
6. Unleash Hell
7. Rush Of Deliverance
8. At War With God
9. Entwined By Vengeance