Recensione: Declaration Of War
Prendete, in dosi uguali, l’elisir fornito da Exciter, Razor, Overkill, Death Angel, Sodom, Bulldozer, Agent Steel, Abattoir, Exodus e Laaz Rockit. Mescolate con cura e vigorosamente per cinque minuti. Versate il contenuto dentro lo stampo di un dischetto ottico. L’impasto, amalgamato e solidificato recapitatelo alla Pure Steel Records, Karlsbader Str. 12, 08340 Schwarzenberg /Erzgeb, Deutschland. Il risultato, una volta finite le fasi di lavorazione e di impacchettamento, sarà Declaration Of War, il terzo full length degli astigiani Iron Jaws.
Roberto “Rock ‘N’ Rob” Massasso (basso), Andrea “Mixy” Finotti (voce), Roberto “Master Of Metal” Quaglia (chitarra), Alberto “Mauser” Accomasso (chitarra), Marco “Mark” Morrone (batteria) in quarantasette minuti distillano dodici fucilate di Speed’N’Thrash vecchio stampo all’insegna della tradizione che manderanno in sollucchero gli ultras di questo mix bastardo fra quanto inventarono gli Exciter e la variante messa su strada dagli Exodus, tanto per far il nome di una sola band.
A parte la cover di “Ton Of Bricks” dei Metal Church, che passa senza impressionare, i brani che assicurano un headbanging indiavolato, che spiccano e assicurano sfracelli dal vivo rispondono ai nomi di: “Satan’s Bride” (il manifesto dell’album, per lo scriba), “The Brawl”, “Evil Bringer” e “The Hell Of Boiling Oil”. Il resto del lotto si mantiene in scia, all’insegna dell’ortodossia. Da segnalare qualche cliché di troppo all’interno di “Horns Up For Metal” e “B.M.W.”.
L’heavy metal, sin dagli inizi, si nutre di tanti ingredienti: tecnica, potenza, capacità di stupire, melodia, look oltraggioso, simbologia che “buca”. Ma anche immediatezza, velocità, violenza, carica animale, urgenza sonora. Caratteristiche, queste ultime, che si possono condensare in un solo termine, ovviamente nella sua accezione migliore e in senso big-ultra-stra-mega buono: ignoranza! Beninteso propinata con perizia, padronanza degli strumenti, gusto, predisposizione e “credo”.
Declaration Of War è il prodotto di una band compatta, un disco all’insegna della coerenza dall’inizio alla fine. I detrattori la chiamano ripetitività, i fan degli Exciter ma anche quelli degli Iron Jaws la definiscono attitudine e godono come ricci, nonostante le poche variazioni al tema.
La sensazione, comunque, è che i piemontesi possano, in futuro, fare di più e meglio, sempre rimanendo nel solco della tradizione del genere che propongono: i presupposti ci sono tutti e la band suona come una macchina da guerra, a testimonianza della crescita effettuata nell’ultimo lustro.
Tornando a Declaration: sempre sia beata l’ignoranza, che fa stare bene di testa e anche di panza!
Stefano “Steven Rich” Ricetti