Recensione: Defending The Throne Of Evil

Di Matteo Bovio - 17 Aprile 2003 - 0:00
Defending The Throne Of Evil
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Anno: 2003
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70

Un bell’album. Dai Carpathian Forest però volevo ben altra cosa. L’abbandono della precedente etichetta (la Avantgarde) aveva visto un’uscita con un dignitoso album, nel quale 3 pezzi nuovi mi facevano sperare ottimamente per il loro seguito di carriera. Eccomi invece a descrivervi un cd che non posso certo giudicare male, ma che va in una direzione che non ha molto a che fare con i fautori di due album del calibro di Black Shining Leather o Strange Old Brew. Quindi confermo fin da subito il mio voto, che rispecchia il mio parere distaccato; ci tengo tuttavia a precisare una certa delusione nei confronti di una band che fin’ora non aveva mai tradito, e che sembra oggi in procinto di intraprendere un cammino artistico fuori luogo.

Non lasciatevi ingannare dai primissimi ascolti, perchè vi diranno in realtà molto poco su quanto in concreto vuol dire questo cd. Fondamentalmente l’impostazione è la solita dei vecchi lavori, con riff molto semplici e un tocco rockeggiante che in certi episodi viene palesato. Un suono che apparentemente sembrerebbe rispecchiare con fedeltà quello di Morbid Fashination Of Death; se per suono intendiamo non la formalità e il generale contesto stilistico, ma più ampiamente l’insieme di sensazioni a cui questi danno vita, ecco che ci troviamo su un fronte molto distante.

Ascoltando brani come “One With The Earth” sembra in realtà di poter considerare l’approccio musicale del gruppo come invariato, sensazione subito cancellata da ascolti più attenti alla stessa canzone, ma ancora più palesemente ad altre come l’opener “It’s Darker Than You Think”. Del passato sono rimaste le strutture delle canzoni, che per fortuna rispecchiano ancora la voglia di suonare in maniera elementare e diretta; quello che mi lascia perplesso è invece il modo in cui i brani sono stati arrangiati, in un palese tentativo di rendere quello che era un suono bastardo (scusate ma non trovo termine migliore) in qualcosa di accessibile a tutti.

Innegabile ed evidente, l’uso completamente diverso che il gruppo fa delle tastiere. Là dove queste avevano sempre aiutato a creare le giuste atmosfere quando necessario, ora queste sono diventate uno strumento quasi onnipresente, e soprattutto con un ruolo completamente diverso. L’impressione generale è che siano piazzate là dove serva smussare gli angoli, dove un approccio più diretto sarebbe stato troppo crudo (penso ad esempio a “Skjend Hans Lik”)… A dir la verità questa è l’impressione generale che lascia un po’ tutto il cd, in molti suoi aspetti. Abbandonata totalmente la crudezza che li ha sempre contraddistinti, i Carpathian Forest preferiscono giostrare il loro suono tra parte un po’ più classiche (ma non così esaltanti) ed altre semplicemente nè carne nè pesce. Insomma, non sembra emergere questo spirito così indipendente che il gruppo ha sempre dimostrato. E per quel che riguarda nello specifico le tastiere, sono lontani i tempi di “The Swordsmen”, e chi conosce bene la canzone credo abbia capito cosa intendo.

Prima di concludere voglio spezzare una lancia a favore di questo lavoro. Perchè, tra le altre cose, sono convinto che questa possa essere a tutti gli effetti considerata una piccola caduta piuttosto che un definitivo cambio di rotta. Pezzi come “Cold Murderous Music” sono ancora in grado di farmi accapponare la pelle, e questa è la prova che i Carpathian Forest, quelli veri, non ci hanno ancora abbandonato del tutto. Quindi credo nella piena facoltà della band di rimettersi a suonare quello che la maggior parte dei fan di vecchia annata di aspetta veramente.

E’ piuttosto semplice tirare le somme: l’album è carino, degno di essere acquistato e goduto per un buon lasso di tempo. E qui termina il mio ruolo di recensore. Ora lasciate che parli un attimo il fan: dove sono “Black Shining Leather”, “He’s Turning Blue”, “Thanatology”, …? Perchè lo spirito undeground è rimasto solo nelle parole (sulla cui veridicità a questo punto cominciano a sorgere i primi dubbi…)? A queste e a tante altre domande dovrebbero rispondere i Carpathian Forest, e spero che lo facciano in maniera definitiva e convincente con la prossima uscita…
Matteo Bovio

Tracklist
01. It’s Darker Than You Think
02. Skjend Hans Lik
03. The Well Of All Human Tears
04. Put To Sleep Like A Sick Animal
05. Hymne To Doden
06. Ancient Spirit Of The Underworld
07. Spill The Blood Of The Lamb
08. One With The Earth
09. Christian Incoherent Drivel
10. The Old House On The Hill
11. Nekrophiliac/Anthropophagus Maniac
12. Cold Murderous Music

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